I Testimoni di Geova e il Terzo Reich. Inediti di una persecuzione

Spesso gli eventi, anche quelli di una certa importanza e rilevanza, sganciati dai fatti concreti che, direttamente o indirettamente, li hanno determinati, acquistano e conservano un significato stereotipato, legato alla versione che di essi ha offerto chi ha avuto maggiore potere di propaganda e, quindi, di convincimento. Quando, invece, si possiede la cronaca minuta, la testimonianza scritta delle tappe attraverso le quali un evento si è venuto realizzando, allora è possibile rileggere quei documenti e maturare un giudizio più ponderato, meno legato alla temperie ideologica e agli umori che fanno tendenza. Infatti, la Storia, la grande Storia, si alimenta di piccole storie, di notizie provenienti da documenti dal valore apparentemente occasionale. La documentazione storica, quindi, è tanto più efficace e tanto più utile quanto più è ricca ed ampia. Rileggere una documentazione vasta e puntuale relativa a una determinata vicenda, mette tutti in condizione di meglio comprendere quando e perché la serie di fatti ha imboccato quella strada che ha determinato una soluzione e non altre. La cospicua quantità di documenti messi insieme, con lucida determinazione e con grande impegno, da James Penton, sulla vicenda della persecuzione nazista dei Testimoni di Geova, vede oggi la luce attraverso la pubblicazione del libro Jehovah’s Witnesses and The Third Reich. Sectarian Politics under Persecution (edizione italiana: I Testimoni di Geova e il Terzo Reich. Inediti di una persecuzione, ESD, Bologna 2008, pp. 560, €29,00).
Tale volume consente di rileggere con più ponderata riflessione la serie minuta delle prese di posizione di tutti i soggetti coinvolti nella dolorosa vicenda. La storia discussa in questo volume non è soltanto ricerca ed esibizione di documenti; è anche interpretazione. Nella sua ricerca storica, Penton preserva la probità scientifica e l’onestà intellettuale, ma non reprime la propria libertà di studioso; egli non si limita a mettere insieme, meccanicamente, dei fatti.
Infatti, sempre più spesso, gli storici hanno rivendicato il proprio diritto-dovere di porsi le domande più scabrose anche di fronte a eventi che ancora turbano le nostre coscienze: lo studioso deve indagare oltre la sacralità della memoria. Ciò vale pure con riferimento alle carneficine atroci, mai giustificabili, compiute da Hitler e dai suoi aguzzini. Lo studioso deve poter agire liberamente sul delicatissimo crinale che, contemporaneamente, unisce e separa giudizio politico e giudizio storico. E Penton si muove su questo crinale con indubbia perizia; egli continua, in questo lavoro, la sua attività di studio rigoroso che non si piega alla disinvoltura – tutta politica – di un revisionismo che interpreta la storia come prolungamento di convinzioni ideologiche. Per anni, infatti, M. James Penton ha insegnato Storia all’Università di Lethbridge in Alberta (Canada). Per i tipi dell’University of Toronto Press ha pubblicato nel 1985 l’autorevole Apocalypse Delayed. The Story of Jehovah’s Witnesses, ripetutamente ristampato e giunto alla seconda edizione nel 1997. Articoli di Penton sono, tra l’altro, contenuti in The Encyclopedia Americana e in The Canadian Encyclopedia.
Il volume che presentiamo – I Testimoni di Geova e il Terzo Reich. Inediti di una persecuzione – è strutturato in sette capitoli, oltre l’Introduzione e la Conclusione, e contiene un’ampia sezione di 140 pagine di Appendici, nelle quali sono riprodotti numerosi documenti in tedesco ed inglese, alcuni dei quali sono inediti; un’ampia bibliografia ragionata completa il testo. L’operazione di Penton consiste nel prendere i fatti, spogliarli il più possibile delle sovrastrutture, sottoporli a un controllo incrociato di verifiche documentali e buon senso e poi metterli in fila, rendendo conto di tutte le interpretazioni che vi ruotano attorno. Il resto lo fa chi legge. La pubblicazione di questi documenti va perciò salutata con sincera gratitudine. Tutto quanto arricchisce la memoria storica va considerato importante e significativo. Aiuta a capire meglio il passato, consente di orientarsi meglio nel presente e permette di attrezzarsi in maniera più adeguata per affrontare con cauta attenzione il futuro.
Fin dalla Premessa, Penton precisa: «nutro un’enorme comprensione per gli uomini, le donne e i bambini che, in qualità di Testimoni di Geova, subirono una terribile persecuzione nella Germania nazista. Quindi, nulla di quanto è scritto in questo libro dev’essere interpretato come finalizzato ad intaccare la reputazione di integrità e coraggio di quei comuni Testimoni di Geova tedeschi» (p. xviii). Quindi, in riferimento alla persecuzione dei Testimoni di Geova sotto il Terzo Reich, l’Autore illustra come i vertici della Società Torre di Guardia tentarono un compromesso col nazismo nella primavera-estate del 1933. Penton, poi, passa in rassegna i principali documenti storici attestanti questo tentativo di scendere a patti con Hitler. Il primo capitolo documenta pure il modo in cui la Società Torre di Guardia ha tentato di dissimulare questo tentativo di compromesso e come essa abbia pubblicamente contrastato l’opera di documentazione svolta dall’Autore. Infatti, il secondo capitolo del libro presenta un’ampia panoramica della campagna di controinformazione attuata dalla Società Torre di Guardia e dai suoi apologeti in Germania, Francia e Gran Bretagna.
Nel terzo capitolo l’Autore esamina dettagliatamente le argomentazioni proposte dalla Società Torre di Guardia e dai suoi sostenitori, ed evidenzia un’appropriazione indebita della storia a fini ideologici, documentando la falsità dell’assunto in base al quale i Testimoni di Geova si sarebbero contrapposti al nazismo fin dall’inizio; illustra, inoltre, l’antisemitismo manifestato dai vertici del Movimento e da comuni Testimoni di Geova dell’epoca. Nel capitolo si documentano pure gli eccessi e le scorrettezze della propaganda anticattolica posta in essere dalla Società Torre di Guardia.
L’Autore inquadra, nel quarto capitolo, la condizione dei Testimoni di Geova tedeschi nel più ampio contesto della storia del geovismo in America; documenta la radicale riforma del Movimento, compiuta da J.F. Rutherford, volta alla creazione di un’organizzazione rigorosamente gerarchizzata; inoltre, offre al lettore una sintetica biografia di Rutherford, documentando il suo pragmatismo politico, il suo disprezzo per la professione medica, le chiese storiche, l’alta finanza, i presidenti Hoover e Roosevelt, e altri aspetti del suo carattere.
Il capitolo quinto descrive il movimento tedesco degli Studenti Biblici (Bibelforscher) prima del 1933; illustra com’era organizzato, quanto profondamente la riforma di Rutherford avesse attecchito in quel contesto, le frizioni tra Rutherford e i responsabili della filiale tedesca della Società Torre di Guardia; documenta pure le contraddittorie direttive impartite agli affiliati da Rutherford riguardo al comportamento da tenere nei confronti delle autorità naziste.
L’Autore descrive, nel sesto capitolo, le tappe della persecuzione nazista subita dai Testimoni di Geova raffrontandole con le polemiche, talvolta offensive, iniziative di Rutherford nei confronti delle autorità naziste, delle quali i singoli Testimoni furono pedissequi esecutori.
Nel settimo capitolo, prendendo lo spunto dai saggi di due studiosi americani di origine ebraica – Peter Novick e Norman Finkelstein – l’Autore illustra che l’Olocausto è assurto all’attenzione degli storici solo a partire dal 1967, in concomitanza con la riaffermazione della legittimità della presenza di Israele come entità politica in Medio Oriente. Con un costante richiamo all’Olocausto, gli ebrei americani assunsero allora lo “status di vittime” da elencare insieme ai neri, agli ispanici, al movimento femminista, agli omosessuali e ai nativi americani. Recentemente, osserva Penton, anche la Società Torre di Guardia è saltata sul “carro” dell’Olocausto, per condividerne lo “status di vittime”, associando la sorte di alcuni Testimoni di Geova a quella dei milioni di ebrei fatti trucidare da Hitler; ciò è avvenuto, secondo l’Autore, per fronteggiare le accuse di settarismo rivolte al Movimento con sempre maggiore insistenza e da più parti, soprattutto in Europa. Quindi, l’Olocausto ha dimostrato di essere un’arma ideologica indispensabile grazie alla quale l’Organizzazione geovista, con una fedina non immacolata quanto a rispetto dei diritti umani dei propri affiliati, si propone di acquisire lo status di “vittima”, facendone derivare una sorta di immunità alle critiche: essere “vittime” diviene un vantaggio. Rievocare le persecuzioni del passato serve a respingere le critiche del presente.
Pertanto, l’informazione geovista sull’Olocausto si presenta, in realtà, come un’operazione di indottrinamento e di propaganda, il cui vero intendimento non è la comprensione del passato, ma la manipolazione del presente. Il dichiarato interesse dei vertici geovisti per la memoria dell’Olocausto appare come qualcosa di studiato a tavolino. Evocare l’Olocausto è uno stratagemma per delegittimare ogni genere di critica nei confronti dei Testimoni di Geova. La “memoria dell’Olocausto dei Bibelforscher” sembra essere stata forgiata da preoccupazioni odierne: appare una costruzione ideologica elaborata sulla base di precisi interessi.
La rivendicazione dell’unicità dell’Olocausto è anche una rivendicazione dell’unicità dei Testimoni di Geova; così essi sono “ontologicamente” eccezionali. Sempre puniti, sempre innocenti. Il dogma dell’odio universale degli increduli rende conto dell’ostilità contro i Testimoni di Geova; quest’odio sta dietro ogni attacco o ogni manovra contro il Movimento: il mondo vuole cancellarlo, ha sempre voluto farlo! Quindi, se il mondo vuole vedere morti i Testimoni di Geova, c’è davvero da stupirsi che essi esistano ancora e siano in crescita! Tale dogma dell’odio eterno equivale a un’educazione alla paranoia: la loro sofferenza fu unica perché loro stessi sono unici!
La sfida odierna, raccolta da Penton, è quella di ristabilire “l’Olocausto” nazista dei Testimoni di Geova come un oggetto di indagine razionale, soltanto allora potremo davvero trarre lezione da esso. Il gesto più nobile nei confronti di coloro che sono morti è serbarne il ricordo, imparare dalla loro sofferenza e, finalmente, lasciarli riposare in pace.

Giuseppe Ferrari (recensione tratta da Religioni e sette nel mondo n°29/2006)

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