Il geovismo e la scuola

Nell’articolo 6, comma 3, della Bozza di Intesa tra la Repubblica italiana e la Congregazione cristiana dei testimoni di Geova, richiamata nell’Atto Senato n°2237 della XVI Legislatura (2008-2013), tra gli impegni che lo Stato italiano avrebbe assunto a favore dell’Ente geovista, veniva stabilito che «l’ordinamento scolastico provvede a che … non siano previste forme di insegnamento religioso diffuso nello svolgimento dei programmi di altre discipline. In ogni caso non possono essere richiesti agli alunni atti di culto o pratiche religiose». Cosa può significare la formulazione appena citata? in che senso nell’insegnamento delle materie scolastiche non deve esservi traccia di “forme di insegnamento religioso diffuso”, evidentemente contrastanti con l’ideologia geovista?

Per comprendere l’effettiva portata di questa clausola, occorre considerare che, secondo gli ideologi della Torre di Guardia, gli adolescenti di fede geovista che frequentano la scuola “devono continuamente affrontare situazioni nelle quali i compagni del mondo vogliono sapere perché … non si uniscono a loro nelle attività che svolgono… i nostri giovani devono opporre una ferma resistenza” (citazione dal bollettino geovista Il Ministero del Regno dell’agosto 2009, p. 2); quali sono alcune delle situazioni alle quali fanciulli e adolescenti di formazione geovista devono “opporre una ferma resistenza”?

Per quanto riguarda il programma di studi, il geovismo sostiene che spetta “in particolare ai genitori decidere cosa devono imparare i figli” a scuola. Siccome i Testimoni di Geova non vogliono che i loro figli siano coinvolti in riti religiosi con persone di un’altra fede, di conseguenza, gli studenti di fede geovista non partecipano ad alcun tipo di musica o di istruzione artistica che abbia relazione con feste religiose o patriottiche; per quel che riguarda i programmi di educazione fisica, i giovani Testimoni devono astenersi dalla pratica di arti marziali, pugilato e lotta. Per giunta, “la maggioranza dei giovani Testimoni non partecipa alle attività extrascolastiche patrocinate dalla scuola” (si veda l’opuscolo geovista I Testimoni di Geova e la scuola, pp. 22, 26-29).

Il condizionamento geovista è così penetrante da indurre i Testimoni di Geova a sopportare l’isolamento negli ambienti scolastici in occasione di comuni ricorrenze: lo studente di fede geovista non celebrerà – né in classe né altrove – il proprio compleanno né quello di altri, il fanciullo i cui genitori sono Testimoni non parteciperà a iniziative connesse al Natale, alla Pasqua, al Carnevale, alla festa del papà o a quella della mamma ecc., perché di queste celebrazioni, e delle usanze ad esse connesse, il geovismo evidenzia l’origine pagana. Pertanto gli studenti di fede geovista non prendono parte a questi festeggiamenti, sia che si tratti di cantare, suonare, recitare, sfilare in parata, fare dei disegni, assistere a festicciole, mangiare o bere qualcosa offerto per l’occasione ecc.

Assumendo quest’atteggiamento, cosa sfugge ai genitori e agli alunni di fede geovista? È evidente che molte festività, una volta o l’altra, sono state messe in relazione con l’adorazione idolatrica. Un fattore da considerare è il significato che una certa festa ha nel luogo in cui si vive. Infatti, spesso il significato cambia secondo il luogo e l’epoca. Per esempio, probabilmente la festa della mamma deriva dal culto della dea Madre, diffuso nell’antichità in tutta l’Asia Minore; ma oggi sarebbe ragionevole mettere in relazione quell’antico culto con la moderna celebrazione della “regina della casa”? Forse l’usanza di fare gli auguri, i regali e una festa – con tanto di candeline accese su una torta – aveva nell’antichità lo scopo di proteggere il festeggiato dall’influsso malefico dei demoni, ma chi oggi riesumerebbe un tale significato in occasione di una festa di compleanno? Da questi esempi deduciamo che:

– una certa celebrazione può avere un particolare significato per chi la vive in un preciso tempo e in un determinato luogo, ma un significato del tutto diverso per chi la celebra in un altro posto e in altra epoca;

– un’usanza religiosa pagana può perdere il suo significato religioso arcaico (si vedano: Svegliatevi! del 22 settembre 2003, pp. 23-24; e l’edizione dell’8 gennaio 2000, p. 26 ss.).

In definitiva, di cosa dovrebbe interessarsi primariamente un cristiano? Non di quello che una certa festa poteva significare migliaia d’anni fa o di come potrebbe essere considerata dall’altra parte del mondo, ma di ciò che essa significa oggi per la maggioranza delle persone nel luogo in cui vive.

Inoltre, giova ricordare la condotta dei discepoli di Gesù. Gli apostoli non condannarono la celebrazione delle festività nazionali ebraiche, nonostante il fatto che Gesù avesse adempiuto la Legge mosaica (si veda la Lettera ai Colossesi 2.16-17); né l’apostolo Paolo divenne idolatra per il fatto di essersi adeguato a certe pratiche della Legge, sebbene egli stesso le considerasse superate (cfr. Atti degli Apostoli 13.14-15; 21,20-26; Lettera ai Romani 14,5-6). Per giunta, è significativo il fatto che al tempo di Gesù si celebravano anche feste non previste dalla Legge mosaica (cfr. Vangelo di Giovanni 10.22-23); per esempio, si festeggiava la Hanukkàh, festa che ricordava la ridedicazione del Tempio compiuta nel 165 a.C. dai Maccabei dopo la profanazione d’esso da parte di Antioco Epifane nel 168 a.C. (si veda La Torre di Guardia del 15 novembre 1998, pp. 23 ss.).

Comunque, tornando agli interrogativi iniziali, una eventuale approvazione per legge della Bozza d’Intesa depositata al Senato, quali effetti potrebbe comportare in una classe della scuola dell’infanzia o primaria in cui un insegnante proponga attività connesse alle celebrazioni invise al geovismo o accetti che altri alunni di fede non geovista festeggino il proprio compleanno con il taglio di una torta in classe? Ebbene potrebbe succedere che, invocando l’articolo 6 dell’Intesa, i genitori Testimoni si oppongano alla realizzazione di attività, comunque educative, collegate a celebrazioni invise al geovismo o al festeggiamento in classe di un compleanno, invocando il fatto che tali comportamenti si configurerebbero come “forme di insegnamento religioso diffuso”.

Purtroppo, poiché il geovismo ha i connotati di una fede integralista, non vi è settore dell’istruzione che sfugga all’àmbito religioso. Infatti, i Testimoni di Geova ritengono che ci siano implicazioni “religiose” nell’insegnamento dell’evoluzione (scienza), nella cronologia (storia) – che in certi casi è difforme da quella in cui credono loro -, nell’educazione alla salute (vaccinazione, trapianti, emotrasfusione), e così via; sicché, se approvata, l’Intesa creerebbe anche non poche difficoltà nell’individuazione di libri di testo che vadano bene per i cittadini italiani e per i Testimoni di Geova.

Su questi significativi aspetti è bene che siano accuratamente informati i rappresentanti delle Istituzioni statali, chiamate a valutare l’opportunità di una Intesa – di cui all’articolo 8 della Costituzione – con i rappresentanti della Congregazione geovista.

Achille Aveta

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