Prassi

Fino a che punto è opportuno essere tolleranti con chi sostiene dottrine religiose molto diverse dalle nostre? La stessa Scrittura induce a questo interrogativo. Infatti, mentre da un lato il Nuovo Testamento dichiara che le deviazioni dalla “buona notizia riguardo a Gesù Cristo” non devono essere tollerate (si vedano: Giuda 3; Apocalisse 22,18-19; 2 Timoteo 4,1-2; Galati 1,9; 1 Corinti 16,13; Ebrei 12,1; 1 Timoteo 6,12; Tito 3,9), dall’altra ci viene intimato di essere pacifici, pazienti e amorevoli (si vedano: 2 Timoteo 4,2; Tito 3,10; 1 Corinti 16,13-14; 13,8-9.12-13; Matteo 5,3.5.7.9). Allora, come può una persona mantenere il giusto equilibrio tra il difendere coraggiosamente la propria fede e il mostrare tolleranza e apertura mentale?

Uno zelo smodato o delirante è irragionevole, diviene fanatismo. La lealtà dei Testimoni di Geova al Corpo Direttivo presenta caratteristiche preoccupanti: l’indiscutibile autorità è il Corpo Direttivo e, quando c’è conflitto tra le sue norme e quelle di un governo, il Testimone ha l’obbligo di ubbidire al Corpo Direttivo; il Testimone che rinuncia a molte attività personali per dedicare quanto più tempo possibile al servizio del Corpo Direttivo – il quale programma accuratamente la quotidianità degli adepti – appare come un fanatico anche se ritiene di non esserlo. Infatti, i Testimoni di Geova sono semplici divulgatori del credo geovista più aggiornato: tutti vengono giudicati in base al più recente sistema dottrinale senza curarsi del fatto che essi stessi cambiano, talvolta nell’arco di qualche mese, il metro di giudizio passando da un insegnamento a un altro diametralmente opposto senza batter ciglio.

L’intolleranza si manifesta anche all’interno del geovismo quando alcuni Testimoni non accettano prontamente di adeguarsi alle “nuove verità” rivelate dal Corpo Direttivo. Costoro vengono accusati di “non tenersi al passo con la verità”, di essere “tradizionalisti”. In tal modo divergenze dottrinali creano delle barriere che ostacolano la fratellanza e il reciproco rispetto tra i Testimoni. Il legalismo geovista comporta un’eccessiva preoccupazione per l’assoluta precisione delle proprie affermazioni dottrinali e un’esplicita riluttanza ad associarsi con persone di differente fede religiosa. Accade così che per i Testimoni di Geova diventa più importante conoscere l’esatto adempimento dei “sette squilli di tromba” di Apocalisse, capitoli 8-11, che applicare scrupolosamente l’esortazione apostolica di “portare i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2). Per i Testimoni la fede cristiana sembra consistere in una serie di formulazioni dottrinali, le quali devono essere imparate a menadito come la tavola pitagorica alle scuole elementari; infatti, solo quando un neofito si districa con disinvoltura nei meandri della dottrina geovista diventa idoneo per il “battesimo”. In tal modo la religione diventa una questione di apprendimento dei “giusti” assiomi dottrinali del Corpo Direttivo: essa s’incentra su ciò che “si può provare”, “si può dimostrare”. È così evidente che Dio, il quale dovrebbe essere il fulcro della fede, viene offuscato dai tentativi di definire la sua rivelazione: stranamente l'”attaccamento” al Libro ostacola gli sforzi di avvicinarsi al suo Autore!

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