Riflessioni sulla traduzione biblica geovista

Fin dal 1961 i Testimoni di Geova di lingua inglese usano una loro completa traduzione della Bibbia nota col nome di Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (d’ora in poi abbreviata in TNM); mentre la prima versione italiana della TNM è datata 1967. Perché i vertici del geovismo ritennero necessario realizzare una propria traduzione biblica? Ecco come risponde a questa domanda La Torre di Guardia del 15 novembre 2001 (p. 7): «Per capire e proclamare il messaggio delle Sacre Scritture, nel corso degli anni i testimoni di Geova hanno usato molte traduzioni della Bibbia. Anche se queste versioni hanno i loro pregi, sovente risentono dell’influenza delle tradizioni religiose e delle credenze della cristianità. (Matteo 15:6) Perciò i testimoni di Geova si resero conto che c’era bisogno di una traduzione della Bibbia che presentasse fedelmente il contenuto degli scritti ispirati originali». Altrove la letteratura geovista argomenta ulteriormente sulle ragioni per le quali i Testimoni di Geova hanno ritenuto indispensabile dotarsi di una loro versione della Bibbia: «La questione del corretto intendimento della Bibbia … è uno dei motivi principali per cui è stata fatta la Traduzione del Nuovo Mondo. Le convinzioni religiose di qualsiasi traduttore influiscono inevitabilmente sulla sua traduzione. Non può essere altrimenti quando una parola o un versetto si può rendere in più modi» (La Torre di Guardia del 15 giugno 1982, p. 24).

Che dire, allora, delle molte versioni della Bibbia che sono state prodotte finora? Qual è il giudizio del Corpo Direttivo su di esse? Lo leggiamo nel manuale geovista intitolato “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile” (Brooklyn 1971, pp. 319, 322): «Tutte queste traduzioni, fino alla più recente, hanno i loro difetti. Ci sono incoerenze o versioni di brani non soddisfacenti, contaminate da tradizioni settarie o filosofie mondane, e pertanto non in piena armonia con le sacre verità che Geova ha fatto scrivere nella sua Parola … Molti traduttori della Bibbia … abbandonando la traduzione letterale si sono allontanati molte volte dall’accuratezza della originale dichiarazione di verità. Hanno in effetti adacquato i medesimi pensieri di Dio».

Da queste affermazioni si dovrebbe forse dedurre che la TNM non sia completamente asservita alle «convinzioni religiose» dei suoi “anonimi” traduttori, né a «tradizioni settarie o filosofie mondane»? si tratterebbe forse di una versione letterale in grado di trasmettere accuratamente «le sacre verità che Geova (vi) ha fatto scrivere»?

In effetti, i Testimoni di Geova fanno rilevare che nell’attività di traduzione della Bibbia assumono un rilievo determinante le convinzioni religiose dei traduttori; infatti, fa osservare il geovismo, spesso i traduttori della Bibbia hanno fatto trasparire dal loro lavoro i rispettivi pregiudizi religiosi. Ma ciò, ovviamente, è vero anche nel caso dei traduttori geovisti della TNM! Infatti, questi stessi traduttori della TNM, lasciandosi guidare dagli insegnamenti geovisti, sono arrivati alla compilazione di un testo che, pur di sostenere con chiarezza le proprie dottrine, in non pochi casi è al limite delle possibilità concesse dalla grammatica e dalla sintassi sia in ebraico sia in greco. A riprova di questa osservazione riportiamo l’opinione espressa in La Torre di Guardia del 15 giugno 1964, p. 385: «Il modo in cui sono state tradotte queste parole nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane ha dato origine all’accusa che il Comitato di Traduzione … si sia lasciato influenzare dalle sue credenze religiose. Tale accusa è fondata, ma questo non è stato fatto erroneamente o indebitamente». In altre parole, la grammatica permette anche, spesso al limite, la traduzione di certi versetti nel modo operato dalla TNM; inoltre la stessa rivista appena citata aggiungeva: «Questo mette in risalto il fatto che non si può semplicemente tradurre la Bibbia in modo dovuto ed accurato se non se ne comprendono chiaramente gli insegnamenti». Questo è vero, ma il fatto è che la stessa affermazione è valida anche per gli altri traduttori della Bibbia!

D’altronde, il compito di tradurre la Bibbia è un’impresa che presenta grandi difficoltà e il geovismo deve ammettere che «nessuna traduzione è la migliore in assoluto» (La Torre di Guardia del 1° febbraio 1980, p. 13).

Questioni poste dal testo della TNM

A proposito dei “vantaggi” della versione biblica geovista, nel già citato manuale “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile” si sosteneva, a p. 323: «La Traduzione del Nuovo Mondo fa ogni sforzo per essere coerente nelle sue versioni. Per una data parola ebraica o greca è stata assegnata una parola nella lingua della Traduzione del Nuovo Mondo, e questa è stata usata uniformemente secondo che l’idioma consenta di darne completo intendimento nella lingua moderna. Per esempio, c’è la parola ebraica nef’esh, che è coerentemente tradotta anima. La parola greca psyche’ è tradotta “anima” ogni volta che ricorre.».

Ma quanto è opportuno questo attaccamento a una versione così letterale? Lasciamo rispondere i curatori della Traduzione interconfessionale della Bibbia in lingua corrente (ed. 1985, pp. 476-477): «l’idea di una traduzione letterale (o parola per parola) risulta un ideale utopico, scientificamente non sostenibile. Spesso è del tutto impossibile da realizzare; a volte è realizzabile solo in parte, ma con frequenti distorsioni del significato o della naturalezza linguistica. Non ha senso dire o pensare che il meglio sarebbe comunque costituito da una traduzione governata da principi di questo genere: rendere ogni parola del testo originale mediante una parola fissa della seconda lingua e riprodurre anche numericamente le parole del testo originale, ricalcandone la sequenza e la struttura formale. Quando si fa così, il risultato è più volte grottesco, insopportabile; lo sanno bene i traduttori esperti, in ogni settore. Di fatto, anche e specialmente per la Bibbia, in genere si segue una via di mezzo: si fa in modo che la traduzione sia comprensibile e, insieme, oltre il significato, riproduca certi aspetti formali dei testi originali. In tale equilibrio, quanto maggiore è la preoccupazione di ricalcare questi ultimi, avvicinandosi al modello della traduzione letteralista, tanto più frequenti sono le violenze alla naturalezza della seconda lingua; e tanto più facilmente si rischia di compromettere una buona comprensione del significato e si rendono necessarie molte note … Per illustrare le caratteristiche di questa versione biblica, sarebbe utile citare vari esempi; ci limitiamo ad indicarne uno solo. Il NT greco usa spesso un termine (“sarx”) che a grandi linee equivale all’italiano “carne”. Le traduzioni a tendenza letteralista cercano di usare sempre “carne”, anche se a volte il risultato è strano e oscuro (vedi Atti 2,17: “io effonderò il mio spirito su ogni carne…”; 2 Corinzi 7,5: “giunti in Macedonia, la nostra carne non ha avuto sollievo…”). Qui, invece, si è tenuto conto del fatto che ogni parola può avere significati differenti, ciascuno da rendere con parole diverse in una seconda lingua (ciò che suggeriscono gli stessi dizionari tradizionali!). Di conseguenza abbiamo reso “sarx” in varie maniere: “carne” (Luca 24,39); “persona” (Atti 2,17); “debolezza umana” (Romani 8,3); “connazionali” (Romani 11,14); “punto di vista umano” (1 Corinzi 1,26); “io” (2 Corinti 7,5); “materiale” (Ebrei 9,13); eccetera».

In contrasto con questo ragionevole orientamento traduttivo, il Comitato di traduzione della TNM affermava nell’Appendice dell’edizione italiana del 1967, p. 1381: «Nelle Scritture Ebraiche, siamo riusciti a rendere la parola ebraica nef’esh sempre in modo uniforme come “anima”. In ciascun caso essa risulta comprensibile alla luce del suo contesto». Ma è proprio vero che l’aver tradotto sempre nefesh con “anima” rende chiare le sfumature di significato di questa parola ebraica? Questa estrema rigidità, mostrata dai traduttori geovisti, ha portato al superamento del limite della comprensibilità del testo citato, almeno in diversi casi eclatanti.

Per illustrare, Isaia 3,20 veniva così reso dalla predetta edizione della TNM del 1967: «le acconciature per il capo e le catenelle dei piedi e le fasce per il petto e le “case dell’anima” e le tintinnanti conchiglie ornamentali …»; cosa c’entrano le “case dell’anima” in un contesto in cui si parla della bellezza dell’abbigliamento femminile? Per risolvere il rebus, ricorrendo a un’altra traduzione, si svelava l’arcano: le «case dell’anima» sono dei banali vasetti di profumi.

Inoltre, Numeri 11,6 veniva così tradotto nella TNM (ed. 1967): «Ma ora la nostra anima si è inaridita! I nostri occhi non sono su nient’altro che la manna». Cosa significa la frase «la nostra anima si è inaridita»? Nulla altro che: «abbiamo la gola asciutta» (forse lo stomaco vuoto, come in Isaia 29,8), oppure «la nostra vita inaridisce».

Ancora, la TNM (ed. 1967) rendeva 1° Re 19,3 nel modo seguente: «Ed egli ebbe timore. Di conseguenza si levò e se ne andava per la sua anima …». Qual è il senso dell’ultima espressione (se ne andava per la sua anima)? In altre versioni così si traduce lo stesso versetto: «Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi».

Un ulteriore esempio di scarsa chiarezza è fornito dalla TNM (ed. 1967) in Ecclesiaste 6,9: «È meglio il vedere degli occhi che l’andare in giro dell’anima…». Cosa vuol dire «l’andare in giro dell’anima»? Il senso è «vagare con il desiderio»!

Altro esempio lo offre Geremia 4,10; la parte conclusiva di questo versetto viene così tradotta dalla TNM (ed. 1967): «… e la spada è giunta fino all’anima». Cosa significa questa espressione? Un’altra traduzione così traduce lo stesso versetto: «… mentre una spada giunge fino alla gola»; ora è chiaro: il pericolo imminente viene espresso dal profeta con una vigorosa immagine, cioè una spada che preme sulla gola.

Un ulteriore esempio del citato “criterio” traduttivo geovista lo offre il Salmo 69,1; secondo la TNM (ed. 1967) questo versetto dice: «Salvami, o Dio, poiché le acque sono giunte fino all’anima». Se l’anima (nefesh) è la persona stessa, come sostengono i Testimoni di Geova, cosa significa che «le acque sono giunte fino alla» persona (nefesh)? Cerchiamo di comprendere rivolgendoci a un’altra versione della Bibbia, che rende così il versetto in esame: «Salvami, o Dio, l’acqua mi giunge alla gola» (cfr. Giona 2,5; Salmo 105,18). Ecco, quindi, che nefesh assume il significato di «gola» in stretta aderenza al significato basilare della radice verbale ebraica dalla quale deriva. E che dire, infine, dell’espressione “anima dell’animale domestico” in Proverbi 12,10?

Sulla base di questi esempi chiediamo: è giusto oscurare talmente il senso di certi versetti al solo scopo di rendere «coerentemente» nefesh con “anima”? Questa “coerenza” viene pagata a caro prezzo in termini di comprensibilità del testo. Infatti, solo nell’edizione 2017 della TNM il Comitato di traduzione geovista si è deciso ad abbandonare il precedente “criterio” traduttivo ammettendo: «Dato che nessuna lingua rispecchia esattamente il lessico e la grammatica dell’ebraico, dell’aramaico e del greco biblici, una traduzione parola per parola della Bibbia non sarebbe chiara, e a volte potrebbe addirittura risultare fuorviante. … Alla luce di tutto ciò, è evidente che per tradurre la Bibbia non ci si può limitare a rendere una parola della lingua originale sempre nello stesso modo. I traduttori devono avere buon senso nello scegliere parole che trasmettano al meglio le idee dell’originale. Inoltre devono formulare le frasi rispettando le regole grammaticali della lingua in cui traducono, in modo da rendere il testo facilmente comprensibile.» (pp. 1718,1720)

Uso del nome Geova nel NT geovista

Passando a un’altra questione posta dal testo della TNM, facciamo una breve osservazione sull’uso del nome “Geova”. La TNM «si allontana dalla traduzione tradizionale di molti versetti e dà enfasi all’uso del nome di Dio, Geova, per cui è anticonformista» (La Torre di Guardia del 1° marzo 1991, p. 26). Secondo i Testimoni di Geova, la TNM è «una traduzione che ripristina coraggiosamente e opportunamente nel testo biblico il nome di Dio, Geova, che è esente dai pregiudizi del tradizionalismo religioso e che dà il senso letterale della Parola di Dio il più accuratamente possibile» (La Torre di Guardia del 15 dicembre 1982, p. 15).

Perché la TNM inserisce spesso il nome Geova nel NT anche in brani diversi dalle citazioni di versetti dell’AT, che contengono il Tetragramma? La risposta del Corpo Direttivo è la seguente: «Per aiutare il lettore a capire se si parla di Geova Dio o di Gesù Cristo quando nel testo greco compare il termine “Signore”» (La Torre di Guardia del 15 giugno 1982, p. 27).

Quindi, partendo dal preconcetto di rifiutare la Trinità come dottrina scritturale, il Corpo Direttivo induce i lettori della TNM a perdere di vista quei versetti che indurrebbero a credere in una qualche “identità” tra Dio Padre e Cristo. Un efficace esempio di questa astuta tecnica è costituito da Atti 7,59-60: «Mentre veniva lapidato, Stefano supplicò: “Signore Gesù, ricevi il mio spirito”. Poi si inginocchiò e gridò a gran voce: “Geova, non imputare loro questo peccato …”» (TNM ed. 2017). Dal modo in cui la TNM traduce i versetti, sembra che Stefano si rivolga in un primo momento a Cristo (v. 59) e successivamente a Dio (v. 60). Comunque, nel testo greco dei manoscritti Sinaitico, Alessandrino e Vaticano 1209 al v. 60 non si trova il nome Geova ma l’appellativo “Signore”, corrispondente al «Signore Gesù» del v. 59; quindi, i trinitari concludono che Stefano si sia rivolto a un solo Signore, Cristo-Dio. Invece, il modo in cui traduce la TNM è la lampante dimostrazione di come «le convinzioni religiose di un traduttore influiscono inevitabilmente sulla sua traduzione» (La Torre di Guardia del 15 giugno 1982, p. 24). La TNM sostituisce la parola «Signore» col nome Geova al v. 60 per «aiutare il lettore a capire» quello che il Corpo Direttivo vuole far capire: la Trinità non è un insegnamento scritturale. Quindi, i traduttori della TNM decidono arbitrariamente quando nel Nuovo Testamento la parola greca Kyrios debba essere resa col suo significato di “Signore” e quando invece vada sostituita col nome “Geova”,anche in quei passi in cui quell’appellativo si riferisce chiaramente a Gesù: Atti 19,17.20.

Ovviamente, la TNM si guarda bene dal sostituire l’appellativo “Signore” col nome “Geova” in quei versi in cui si potrebbe adombrare un’identificazione tra Cristo e “Geova”: Romani 14,9-11 e Filippesi 2,10-11, che si basano su Isaia 45,22-25 dove si parla di Yahweh; un altro caso analogo è quello di Ebrei 1,10-12 dove l’Apostolo cita il Salmo 102,25-27: sebbene il Salmo citato parli di “Geova”, in Ebrei 1,10 la TNM lascia l’appellativo “Signore”.

Detto per inciso, il Corpo Direttivo geovista riconosce che «la pronuncia Yahweh può essere più corretta» (“Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, pag. 322), tuttavia continua a usare la forma ibrida italianizzata «Geova» (per un’analisi dell’argomento si rimanda ad altro articolo di questa sezione).

I Testimoni di Geova e lo studio della Bibbia

A proposito dell’affidabilità del testo biblico nella prospettiva geovista, notate il dogmatismo espresso da La Torre di Guardia del 15 novembre 2007, p. 12, dove si afferma: «Ciò che [la Bibbia] dice in merito a personaggi, località e condizioni politiche e religiose dell’antichità è accurato». Ebbene Marco 2,25-26 costituisce un tipico esempio del sopravvento del concordismo geovista su una corretta traduzione. Il racconto evangelico dice: «Ma egli rispose loro: “Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell’offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni”». In realtà Gesù sta riferendo l’episodio riportato in 1° Samuele 21,2-7 dove si menziona il sommo sacerdote Achimélech; pertanto in questo caso viene citato Abiatàr al posto di Achimélech o perché il primo era più celebre del secondo (2° Samuele 20,25), oppure perché Marco segue una diversa tradizione, che faceva di Abiatàr il padre di Achimélech (cfr. 2° Samuele 8,17 nel Testo Masoretico). Orbene, senza alcun solido fondamento grammaticale a proprio sostegno, la TNM (ed. 2017) rende l’espressione «sotto il sommo sacerdote Abiatàr» con la seguente parafrasi: «secondo il racconto relativo al capo sacerdote Abiatàr». Perché questa manipolazione? «Questa traduzione rispetta l’accuratezza storica della narrazione» (Ausiliario per capire la Bibbia, Roma 1981-1986, sub voce «Abiatàr», p. 17). Ecco a cosa conduce l’esasperato concordismo geovista.

Per il geovismo la Bibbia è perfetta; in che senso? «Dio ha messo nella Bibbia quanto è sufficiente, tutto ciò che ci occorre realmente … Così la Bibbia contiene più di quanto basta per “renderti saggio per la salvezza” (2 Tim 3:15). In questo senso è “perfetta”. Un altro punto degno di nota: … la Bibbia è scritta in modo tale che quelli che non cercano veramente Dio, quelli che non hanno vera fede in Dio, sono indotti a “mostrarsi come sono realmente” … Lascia a quelli che non vogliono servire Dio una “via d’uscita”, una scusa per trovare da ridire, se questo è il loro desiderio. Anche in questo senso, la Bibbia è completa o perfetta» (“La vita ha veramente uno scopo”, Wiesbaden 1977, pp.126-127). «Ma la Bibbia – dicono altri – è difficile da capire. Sì, alcune parti lo sono (2 Pt 3:16). Perché Dio l’ha fatta in questa maniera? Perché così è lui a determinare chi può comprendere la verità… Dio si riserva quindi il diritto di rivelare le sue verità solo a chi realmente le cerca» (La Torre di Guardia del 1° ottobre 1983, p. 15); «la Bibbia è scritta in un modo tale che sono necessari strumenti umani per capirne chiaramente il messaggio» (La Torre di Guardia del 15 febbraio 1984, p. 31).

Chi allestisce questi strumenti? È ovvio che si sta parlando del Corpo Direttivo nel suo ruolo di unico interprete autentico della Scrittura! Perciò i Testimoni di Geova si presentano come gli unici capaci di trovare le risposte nella Bibbia e si vantano di prenderla «alla lettera», «senza interpretazioni», a differenza degli altri che, secondo loro, la manipolano e la deformano. Quest’atteggiamento viene ripetutamente chiarito nei libri di testo per lo studio biblico, prodotti dal Corpo Direttivo: «Perciò è ragionevole che il suo Libro, la Bibbia, non può essere tutta una confusione o permettere che se ne faccia qualsiasi interpretazione. La confusione è causata dai suoi sedicenti interpreti, i capi religiosi della “cristianità”, che sono fra loro in disaccordo, a volte violentemente. Per questa ragione, mentre il lettore si dispone a studiare la Bibbia con questo libro, non è invitato o indotto a studiare la Parola di Dio secondo gli sconcertanti, misteriosi errori religiosi della cristianità. Egli è esortato a studiare secondo ciò che Dio stesso dice nella sua propria Parola» (“Sia Dio riconosciuto verace”, Brooklyn 1952, II edizione, p. 8).

Con questi presupposti, ogni Testimone subisce un condizionamento tale da assumere una disposizione mentale che lo rende incapace di avvicinarsi allo studio di un verso della Bibbia senza il «conforto» delle spiegazioni del Corpo Direttivo. In tal modo, ritenendo ingenuamente di «credere soltanto alla Bibbia», i Testimoni di Geova assumono inconsapevolmente ogni sorta di posizione ermeneutica. L’intollerante dogmatismo geovista viene così esplicitamente provato: «Perché i Testimoni di Geova si rifiutano di dare le loro pubblicazioni di studio biblico in cambio della letteratura religiosa di coloro che incontrano?… I Testimoni non vanno pertanto alle porte in cerca di verità o luce. Hanno già dedicato innumerevoli ore per conoscere le verità della Parola di Dio… Sarebbe pertanto temerario, oltre che uno spreco di tempo prezioso, se i testimoni di Geova accettassero ed esaminassero falsa letteratura religiosa scritta per ingannare… In qualità di cristiani leali, atteniamoci alle norme di Dio, nutrendo la nostra mente di ciò che è vero e giusto e attenendoci con gratitudine e lealtà al canale [cioè il Corpo Direttivo] da cui abbiamo per la prima volta conosciuto la verità biblica» (La Torre di Guardia del 15 agosto 1984, p. 31; il testo tra parentesi è aggiunto).

Quanto abbiamo fin qui trattato dovrebbe consentire a chiunque di concludere che nel geovismo l’unico, vero criterio interpretativo della Bibbia è la dottrina prestabilita dal Corpo Direttivo, si tratta di una professione di fede del tutto soggettiva, legata alle mutevoli opinioni dei capi e soggetta a qualsiasi contraddizione: il Corpo Direttivo adegua l’interpretazione delle Scritture alle idee che frullano nella testa dei suoi membri, questo spiega il categorico rifiuto di uno studio rigorosamente scientifico della Bibbia.

Ma che dire se alcuni Testimoni di Geova decidessero di creare un gruppo di studio, indipendente dal Corpo Direttivo, per analizzare l’accuratezza della TNM? Ebbene, nel numero di settembre 2007 del mensile Il Ministero del Regno, riservato ai soli propagandisti geovisti, il Corpo Direttivo ha espresso l’esplicita disapprovazione per “pubblicazioni, riunioni, o siti Web che non siano prodotti o organizzati sotto la sua supervisione” (p. 3). Le ragioni di questo esplicito divieto possono essere ben comprese esaminando quanto scriveva La Torre di Guardia già nell’edizione del 15 novembre 1967, p. 690: «nell’organizzazione di Geova non è necessario dedicare tanto tempo ed energia alla ricerca, poiché nell’organizzazione ci sono fratelli ai quali è assegnato di fare proprio questo, … ed essi preparano le buone informazioni de La Torre di Guardia e altre pubblicazioni della Società».

In conclusione, il geovismo ha un contenuto ideologico vario, instabile, derivante da asserite rivelazioni e dalla mutevole commistione di elementi ideologici di varia provenienza; infatti, con una disinvoltura sconcertante nel cambiare radicalmente opinione (spacciando per verità quel che in precedenza era stato considerato falsità), pretende di scegliere ciò che sembra più valido, generando forme di sincretismo nelle quali, in realtà, è l’uomo (il Corpo Direttivo) la misura del vero e del bene, la “divinità” da adorare. Tale “divinità” è animata dalla concezione degli affiliati come soggetti eternamente immaturi e immeritevoli dell’esercizio autonomo della libertà cristiana; siffatta idea costituisce, di per sé, una remora per la maturazione della personalità degli adepti. Nel geovismo il Corpo Direttivo, in qualità di “infallibile” interprete, è più “ispirato” della stessa Scrittura: quest’ultima è stata, di fatto, subordinata alla soggettiva opinione dell’interprete, il Corpo Direttivo.

Tutto ciò spiega perché il dialogo con un Testimone di Geova spesso è destinato a restare sterile; infatti, com’è possibile trovare una base comune con chi accosta due versetti, tratti da differenti libri biblici, allineandoli senza considerarne il contesto, il genere letterario e la collocazione storica? Possiamo, perciò, concludere che i Testimoni sono addestrati a diventare esperti in eisegesi biblica, laddove per eisegesi intendiamo il contrario di esegesi: l’abilità di «mettere in» un testo biblico un significato che non è il suo!

Achille Aveta (Testo aggiornato nel settembre 2022)

1 commento su “Riflessioni sulla traduzione biblica geovista”

  1. A proposito della Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, desidero intervenire con un esempio sulla pertinente domanda contenuta in questa pagina: “Ma quanto è opportuno questo attaccamento a una versione così letterale?”
    Fino all’edizione inglese del 1971 della TNM i seguenti versetti 1 Sa 25,22; 25,34. 1 Re 14,10; 16,11; 21,21; 2 Re 9,8 contenevano la seguente espressione: “all … that urinates against the wall”, resa in italiano “tutti … che orinano contro il muro”. Fino al 1971 nessuna nota esplicativa illuminava i lettori sul senso di queste parole.
    Nell’edizione inglese del 1984 della TNM in nota ai predetti versetti compariva la seguente spiegazione: “A Heb. idiom for males”, ripresa in nota nell’edizione italiana con riferimenti del 1987 con le seguenti parole: “Orina contro il muro: espressione idiomatica ebr. per indicare i maschi”.
    Bisognerà comunque aspettare l’edizione inglese del 2013 della TNM, tradotta in italiano nel 2017, per vedere la sostituzione nel testo dei predetti versetti dell’espressione “chi orina contro il muro” con la parola uomo/uomini. Infatti la nota in calce a 1 Sa 25,22 sostiene: “Lett. Chi orina contro il muro”, espressione ebraica dal tono sprezzante per indicare i maschi”.
    Eppure, in base alla mia personale esperienza, almeno dagli anni Cinquanta del secolo scorso le versioni bibliche cattoliche e protestanti contenevano nei suddetti versetti le parole “maschio/uomini” al posto dell’espressione geovista “chi orina contro il muro”.
    La TNM 2017 a pag. 1720 afferma: “I traduttori devono avere buon senso nello scegliere parole che trasmettano al meglio le idee dell’originale.” Faccio osservare che il “buon senso” dei traduttori geovisti è molto ma molto lento a manifestarsi.

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