Dio ha bisogno di un’organizzazione?

Qual è il motivo che ci ha spinto a preparare questo articolo? Principalmente quello di rispondere ad alcune domande che sempre più di frequente si pongono i Testimoni di Geova, sia quelli che ancora si trovano all’interno della loro organizzazione, che, in numero sempre crescente, quelli che, dopo un sofferto travaglio, la lasciano. Esse possono così riassumersi:

1) Dio ha un’organizzazione?

2) Egli ha sempre avuto un’organizzazione?

3) Era forse la nazione d’Israele la sua organizzazione dell’antichità?

4) I Testimoni di Geova sono la sua organizzazione moderna?

5) Può un’organizzazione fungere da profeta e da portavoce di Dio?

6) La Bibbia incoraggia i cristiani a identificare una determinata organizzazione di Dio ed a prestarle lealtà?

Nel corso del nostro esame cercheremo di rispondere a tutte queste domande, e lo faremo cercando di mantenere fede all’impegno di non andare oltre ciò che è scritto, non facendoci guidare semplicemente dal desiderio di contestare aprioristicamente ogni dichiarazione dell’organizzazione dei Testimoni di Geova, ma cercando di mantenere un assetto neutrale. Premessa a questo lavoro è che ciò che verrà detto presuppone l’assunto dell’assoluta letteralità del racconto biblico. Non si vuole con ciò asserire che tutti gli episodi menzionati, dal punto di vista personale dell’estensore di questo articolo, siano da considerare letterali o effettivamente accaduti. Ma, per poter dipanare il nostro discorso in parallelo con quanto sostenuto dalla Torre di Guardia, sarà necessario accettare la narrazione biblica in una certa qual misura in chiave quasi fondamentalista. Le risultanze di questo esame potranno forse scontentare qualche lettore d’orientamento cattolico, ma, come per il lettore geovista, più che di soddisfare preconcetti dottrinali ci siamo prefissi di soddisfare e di privilegiare la verità storica o per lo meno quella “storia” che i Vangeli e l’intero Nuovo Testamento ci hanno voluto trasmettere. Ed è con questo intento che ci accingiamo a svolgere l’argomento in esame.

Secondo il Movimento dei Testimoni di Geova, Dio si è sempre servito di un’organizzazione per comunicare con i suoi servitori e provvedere loro guida e sostegno. Essa insegna anche che attualmente l’organizzazione terrena di Dio si identifica con i Testimoni di Geova o con la Società Torre di Guardia. Tale organizzazione, che riconosciamo articolata in maniera ben strutturata, ha stabilito una fitta rete di comunicazione fra tutti i suoi membri sia avvalendosi delle sue pubblicazioni, stampate a milioni, che dell’opera dei suoi rappresentanti viaggianti, che assicurano i collegamenti fra la sede centrale americana e le decine di migliaia di congregazioni sparse per il mondo. Tali comunicazioni includono le istruzioni per l’attività di campo [espressione con la quale i Testimoni di Geova indicano l’opera di proselitismo di casa in casa], spiegazioni aggiornate e corrette su argomenti dottrinali e organizzativi, norme e regole che disciplinano sia gli aspetti religiosi che quelli relativi alla vita d’ogni giorno, e precise procedure disciplinari per arginare e reprimere il dissenso e le trasgressioni.

I Testimoni considerano il loro Corpo Direttivo e la Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati come i rappresentanti di un “canale di comunicazione” nominato da Dio che svolge la funzione di mediatore fra Dio e gli uomini. Essi credono che Dio diriga tutte le sue attività terrene mediante esso e che, al di fuori della loro organizzazione, non vi sia alcuna possibilità di salvezza o di approvazione divina. Difatti, fa parte della formula battesimale da loro adottata la pubblica dichiarazione del riconoscimento dell’autorità dell’organizzazione che è definita “ripiena dello spirito”.

La domanda che ci poniamo a questo punto è: troviamo forse nella Bibbia alcun elemento a dimostrazione del fatto che Dio si sia realmente servito di un’organizzazione nel corso della storia? E se non è così, in che modo Dio allora ha comunicato con i suoi servitori, come li ha guidati, assistiti e fatto conoscere loro la sua volontà?

Da Adamo al Diluvio

Nel libro della Genesi è narrato di come Dio parlasse direttamente ad Adamo ed Eva. Egli li benedisse e diede loro poche ma precise istruzioni sul compito che avrebbero dovuto svolgere. (Gen. 1:28-30) Dopo il loro peccato e dopo averli interrogati sui motivi della loro trasgressione, egli pronunciò il suo giudizio direttamente su ciascuno dei tre personaggi implicati nella vicenda: Adamo, Eva e il serpente. (Gen. 3:9-19) Quando, in un’altra circostanza, si trattò di Caino e Abele, Dio inoltre valutò individualmente le offerte che gli venivano presentate dai due fratelli, e quando notò in Caino chiari sintomi di una cattiva inclinazione del cuore, gli diede personalmente guida e avvertimento mettendolo in guardia contro il peccato incombente e, dopo che questi ebbe ucciso suo fratello, fu Dio e non altri che espresse su di lui il suo giudizio insindacabile. – Gen. 4:6-15.

Durante il lungo periodo dei patriarchi l’ubbidienza al comando divino di essere fecondi, di moltiplicarsi e di riempire la terra rese necessario che i servitori di Dio si diffondessero dappertutto e che non rimanessero uniti insieme. Ecco perché non troviamo menzione di alcuna comunità di persone appartenenti al popolo di Dio d’allora, che prestassero un culto d’adorazione in qualche specifica località o che ricevessero regolarmente messaggi da Dio come gruppo per poi trasmetterli ad altri.

Quando Dio decise di purificare la terra dall’ingiustizia mediante il Diluvio, egli scelse Noè e gli diede delle istruzioni finalizzate alla preservazione del genere umano e delle specie animali. Dio parlò direttamente a Noè. La Torre di Guardia paragona l’arca di Noè alla propria organizzazione. Essa dice che l’arca fu il provvedimento di Dio per la salvezza, entro la quale furono radunati tutti i giusti che in quel tempo esistevano sulla terra per essere preservati dalla distruzione causata dal Diluvio. È interessante notare che, sebbene fossero salvati sua moglie, i suoi tre figli e le sue nuore, solo Noè è l’unico del quale venga specificamente detto che fosse un giusto, sia in Genesi come anche nei riferimenti che Gesù e Pietro fanno al Diluvio. (Matt. 24:38; 2 Piet. 2:5) La Bibbia non dichiara né suggerisce che essi fossero ingiusti. Ma nemmeno stabilisce chiaramente che la famiglia di Noè fosse giusta, o che solo a persone giuste fosse consentito di entrare nell’arca. Dio fa uno specifico riferimento a Sem solo molto tempo dopo, al tempo di Abraamo. Tutti gli altri, anche se non erano giusti, possono essere stati risparmiati per amore di Noè e per preservare la razza umana. In un’altra circostanza, alla famiglia del giusto Lot ed ai suoi generi fu offerta l’opportunità di essere salvati dalla distruzione di Sodoma e Gomorra, sebbene essi non avessero mostrato alcuna particolare inclinazione verso la fede di Abramo.

In qualità di “predicatore di giustizia” (2 Pietro 2:5), Noè agì da profeta, cioè da comunicatore dei messaggi divini. Finito il Diluvio, Noè offrì sacrifici a Dio a favore di se stesso e della sua famiglia, stabilendo così un modello destinato a durare parecchi secoli. Anche Giobbe quotidianamente “offriva sacrifici bruciati secondo tutto il loro [dei suoi figli] numero, poiché, diceva Giobbe, ‘forse i miei figli han peccato e hanno maledetto Dio nel loro cuore’. Giobbe faceva sempre in questo modo”. – Giobbe 1:5. Quindi in materia di adorazione, erano i capifamiglia che rappresentavano i loro congiunti dinanzi a Dio, e così, in tal senso, assumevano il ruolo di sacerdoti o mediatori.

Dal Diluvio al Sinai

Dopo il Diluvio, Dio ripeté il suo comando di essere “fecondi e di moltiplicarsi”; inoltre continuò a parlare direttamente con i singoli individui, oppure si servì di angeli, sogni, visioni o profeti. Questi ultimi, ricevuti i messaggi che Dio trasmetteva loro in vari modi, provvedevano poi a comunicarli ai loro ascoltatori. Quando, al tempo della torre di Babele, un gruppo di ribelli ordì una cospirazione per disubbidire al comando di Dio di sciamare sul pianeta e costruì una torre, proprio per evitare d’essere “dispersi su tutta la terra”, Dio confuse le loro lingue per costringerli ad obbedire, per lo meno per un certo tempo, al suo comando di riempire la terra. – Gen. 11:4, 8.

Centinaia di anni dopo, Dio fece una promessa personale al suo amico Abramo, uomo di grande fede, promettendogli che egli sarebbe divenuto “una grande nazione” (Gen. 12:2). Con questo ebbe inizio qualcosa di nuovo. Una famiglia speciale avrebbe ricevuto il privilegio di produrre il promesso Messia. Forse questa scelta particolare avrebbe contrassegnato l’inizio di un modo nuovo, di un modo “organizzato” di comunicare con il genere umano?

Mentre la famiglia di Abramo cresceva, Dio continuò a comunicare direttamente con i suoi servitori, incluse quelle persone che agivano, temporaneamente o permanentemente, come profeti. Tuttavia sembra che nessuno fosse il depositario di tutta la rivelazione, né che Dio operasse solo con un “canale” o schiavo alla volta. Per esempio, Giuseppe che era ancora un ragazzo e viveva con suo padre, patriarca e profeta, ricevette dei sogni ispirati riguardanti il futuro. Giuseppe fu mandato da Dio in Egitto per preparare la via alla trasformazione in nazione della famiglia di Giacobbe. Ma Dio non rivelò a Giacobbe ciò che Egli stava facendo, sebbene Giacobbe fosse ancora un patriarca e profeta. (Gen. 42:36) Sotto la guida di Dio, settantacinque discendenti di Abramo si trasferirono in Egitto. Quando ne vennero fuori dopo 430 anni, essi erano ormai diventati milioni.

Al tempo in cui Dio si accingeva a liberare il suo popolo dalla schiavitù egiziana, parlò personalmente con Mosè nel roveto ardente e lo incaricò di operare miracoli, per mostrare agli Israeliti e agli Egiziani il significato e la potenza insiti nel Suo nome. Il fatto che i primi non esitassero, poco tempo dopo, a fabbricarsi un vitello d’oro e ad adorarlo non appena giunti nelle pianure del Sinai, insieme ad altri segni della loro debole fede, ci illustra con molta chiarezza che durante il loro lungo soggiorno in Egitto essi, come gruppo, non avevano praticato la pura adorazione sul modello del loro antenato Abramo.

Gli Israeliti entrarono in un patto speciale con Dio dopo aver lasciato l’Egitto. Quindi fu loro data la Legge, che li avrebbe guidati in ogni aspetto della vita e nelle questioni morali, civili e religiose. La Società Torre di Guardia presenta tutti questi eventi come un modello indicante in che modo gli odierni Testimoni di Geova sono stati portati fuori “dal mondo”, specialmente dal mondo della Cristianità, e come essi ricevono una direttiva a livello centrale mediante un “canale” terreno, che oggigiorno è costituito dalla loro attuale struttura organizzativa al cui vertice vi è il Corpo Direttivo. Israele è usato come “tipo” o raffigurazione della Società Torre di Guardia con la sua struttura minuziosamente organizzata. Corrisponde al vero tale quadro? Si può validamente asserire che la Legge mosaica avesse posto le basi per una struttura amministrativa centralizzata come quella che esiste fra i Testimoni di Geova d’oggi?

In che modo era organizzato Israele?

Sul fatto che Mosè fu realmente un “canale di comunicazione” fra Dio e gli Israeliti non esistono dubbi di sorta. Le Scritture parlano di lui definendolo “mediatore”. (Num. 12:7; Gal. 3:19) In tale qualità egli prefigurò Gesù Cristo. (Deut. 18:18, 19; vedi anche Atti 3:19-23). Mosè guidò Israele, ma non in qualità di mediatore o profeta. Né lo furono il fratello di Mosè, Aronne, e i suoi discendenti sacerdotali. Essi, come anche gli altri membri della loro tribù, i Leviti, avevano unicamente il compito di svolgere attività religiose, non di carattere esecutivo o profetico. Ci chiediamo allora: chi dirigeva le cose in Israele?

La risposta è che in quell’antica nazione non vi era alcun bisogno di un governo centrale perché essa era in effetti “organizzata” secondo linee familiari. In Israele gli anziani e i “capi di centinaia e di migliaia” non erano eletti dal voto del popolo, né nominati da Dio. Essi erano strettamente imparentati con il popolo che rappresentavano. Ogni tribù era un gruppo familiare, discendente da un antenato comune e unita da stretti vincoli di sangue.

La Legge mosaica provvide agli Israeliti guida morale e religiosa. Essa provvide anche dettagliate informazioni su una moltitudine di trasgressioni, sia morali che cerimoniali, e provvide anche delle procedure specifiche per affrontare e risolvere i problemi che potevano derivare dall’imperfezione umana. Ma non stabilì alcuna forma di governo umano né alcun corpo amministrativo. Sotto la Legge, gli Israeliti erano guidati dalla coscienza individuale piuttosto che da governanti umani con i loro corpi di polizia. Le sanzioni nei confronti dei peccatori o di chi infrangeva la Legge erano applicate in ogni comunità dallo stesso popolo, sotto il controllo degli anziani. I sacerdoti badavano alla regolarità delle procedure relative alle offerte e alle altre funzioni religiose. Ogni persona era responsabile della sua condotta davanti a Dio, alla sua famiglia e alla comunità. Si trattava, quindi, di una forma teocratica di governo nel senso più pieno del termine: Dio stesso agiva al posto di un qualunque re terreno. Funzionava tale forma di governo?

Dal Sinai a Samuele

Dopo essere entrati nella terra promessa, per 350 anni gli Israeliti non ebbero alcun re umano né alcuna forma di governo centrale. “In quei giorni non c’era alcun re in Israele; ciascuno era abituato a fare ciò che era retto ai suoi propri occhi”. (Giudici 21:25) Questa disposizione teocratica non diede luogo all’anarchia. Vi è piuttosto l’evidenza che fosse una disposizione eccellente. Quando se ne verificava la necessità, Dio sceglieva e nominava degli uomini che agivano da giudici in Israele. Essi agivano come condottieri, ma più in senso militare che governativo o civile. A volte era in attività più di un giudice contemporaneamente. Essi non avevano nessuna speciale autorità esecutiva, né agivano come re sulla nazione, poiché Dio era il loro solo governante. I capitoli conclusivi del libro dei Giudici contengono una storia interessante e inconsueta di come era amministrata la giustizia in quella disposizione nel caso di crimini di particolare efferatezza.

La Bibbia afferma che, per la maggior parte dell’intero periodo dei Giudici, vi fu pace nel paese. Possiamo suddividere tale periodo in tre fasi di quaranta anni e in una di ottanta durante le quali il paese ebbe “pace”. (Giudici 3:11; 3:30; 5:31; 8:28) Finito quel periodo non ve ne fu più uno ugualmente pacifico. Cosa accadde allora da mutare così radicalmente la situazione e da far sì che il paese perdesse la sua pace?

Si fa strada un’idea errata

Accadde che a un certo momento gli Israeliti cominciarono a lamentarsi della mancanza di un re terreno. Essi desideravano un visibile governo centrale. Perché? Forse perché la forma di governo teocratico che aveva assicurato pace e prosperità per generazioni non andava più bene, o perché così sarebbero stati maggiormente protetti dall’apostasia? No. E allora per quale motivo? Essi stessi provvidero la risposta: “E noi dobbiamo divenire, noi pure, come tutte le nazioni, e il nostro re ci deve giudicare e uscire dinanzi a noi e combattere le nostre battaglie”. (1 Sam. 8:20) Fu così che essi si conformarono agli usi delle nazioni pagane che li circondavano. Il motivo era quindi egoistico, mondano e certamente non teocratico. E Dio lo confermò quando si espresse in proposito. Samuele pensò che quella richiesta volesse significare che il popolo d’Israele lo aveva rigettato come profeta, ma Dio lo corresse. Dio spiegò che la loro richiesta era in realtà un rigettare Lui come loro re. Dio preavvertì Israele che una forma di governo centrale avrebbe recato loro molte difficoltà, ma essi continuarono a insistere per avere un re umano. – 1 Sam. 8-10.

Dio esaudì la loro richiesta e scelse Saul, uomo buono e capace, come loro re. Con il trascorrere del tempo, però, le buone qualità di Saul si corruppero. Dio allora lo rigettò e scelse un altro re per Israele, il giovane Davide, che crescendo era divenuto un uomo “accettevole al cuore di Dio”. (1 Sam. 13:14) Ma anche lui non era immune da seri peccati. Il regno di Davide fu infatti funestato da scandali e da una tragedia familiare.

Il figlio di Davide, Salomone, fu definito “il più saggio degli uomini”. Il suo regno di quarant’anni fu caratterizzato dalla pace, dalla prosperità e dalla felicità, ma con l’avanzare degli anni, anch’egli divenne infedele a Dio. (1 Re 11:4-6) Come risultato, quando Roboamo, figlio di Salomone, assunse il trono, Dio divise per sempre la nazione in due regni: dieci tribù a nord (Israele) e due tribù a sud (Giuda). – 1 Re 11:9-13.

Il governo centrale che Israele aveva tanto desiderato si dimostrò un fallimento. Esso durò solo tre generazioni, sebbene fosse stato Dio stesso a scegliere i suoi re. Sotto questo aspetto, paragonare gli Israeliti con i Testimoni di Geova del ventesimo secolo diviene sempre più difficile e complicato.

Due regni e un’organizzazione

Dopo la divisione in due regni, le cose non furono più le stesse per i Giudei. Il regno di Giuda continuò ad avere i discendenti di Davide sul suo trono, mentre nel regno d’Israele furono diverse le dinastie che si alternarono sul trono in mezzo a guerre sanguinose. I due regni combatterono guerre contro nemici esterni e anche fra loro stessi. Entrambi avevano la loro propria linea regale. Il regno settentrionale stabilì un centro d’adorazione in Samaria invece che a Gerusalemme, che si trovava nel territorio del regno delle due tribù, e sostituì ampiamente i sacerdoti leviti con dei non leviti, che indussero il popolo a praticare la falsa religione.

É difficile pensare di poter paragonare in qualche modo la situazione del governo d’Israele a quella di una singola organizzazione armoniosa, diretta da una struttura amministrativa centrale. E questo non perché uno dei due regni fosse fedele e l’altro fosse infedele. In entrambi i regni vi furono sia re fedeli che infedeli. Dio non rifiutò di trattare né con un regno né con l’altro. Mandò profeti a entrambi. In tutti e due, quando vi erano re ingiusti, abbondava la malvagità. Ma quando governavano re saggi, prevaleva la pura adorazione e il popolo godeva della benedizione di Dio.

Verso la metà dell’ottavo secolo avanti l’era volgare il regno settentrionale d’Israele cadde infine sotto la scure dell’Assiria e del suo re Salmanaser. Con il trascorrere del tempo alcuni dei discendenti di tale regno ritornarono alla loro vecchia capitale, Samaria, nella Palestina settentrionale. Al giorno di Gesù essi erano conosciuti come i Samaritani ed erano odiati dai loro cugini Giudei.

Dopo la caduta del regno settentrionale, sul trono del regno meridionale di Giuda continuarono ad alternarsi re di varia sorta. Infine, nel sesto secolo a.E.V., Dio lasciò che gli Israeliti fossero condotti in cattività dal babilonese Nabucodonosor come punizione per la loro infedeltà. Al termine di quel periodo, un gruppo relativamente piccolo d’essi fece ritorno a Gerusalemme per ricostruirvi il tempio e ristabilirsi nella loro patria d’origine, mentre la maggioranza d’essi non ritornò mai più in Palestina. Durante i quasi venti secoli trascorsi dal tempo in cui Dio aveva promesso al suo amico Abramo che la sua progenie sarebbe divenuta una nazione fino a Gesù, per molta parte della loro storia gli Israeliti avevano reso a Dio un’adorazione pura e diversa dai popoli pagani circostanti, specialmente nei secoli precedenti l’istituzione della monarchia. Ma essi non ebbero mai un corpo amministrativo centrale che rassomigliasse anche lontanamente all’organizzazione moderna della Torre di Guardia, sia nella forma che nelle funzioni e, nonostante questo, per tutto quel tempo essi furono ugualmente il popolo eletto di Dio. In base a che cosa ci esprimiamo così?

In che modo Dio comunicava con Israele?

La Bibbia è piena di esempi di come Dio spingeva il popolo a fare la sua volontà. Egli parlò ad alcuni direttamente (Gen. 46:1-4; Gios. 8:1) o mediante angeli. (Giud. 6:11-24; capitolo 13) Altri, fra i quali i profeti, ricevettero visioni o sogni. (1 Re 3:5-15; 9:1-9; Isa. 1:1; Amos 7:1-9; Ezec. 1:1) E furono loro quelli mediante i quali Dio trasmise la maggior parte dei suoi messaggi al popolo eletto. Come dice Ebrei 1:1: “Dio … anticamente parlò in molte occasioni e in molti modi ai nostri antenati per mezzo dei profeti“.

I profeti erano molto spesso mandati al popolo di Dio per correggerlo dalla sua infedeltà. Il loro compito era semplicemente quello di pronunciare messaggi da parte di Dio, di avvertire il popolo perché si volgesse dalla falsa religione e di incoraggiarli ad ubbidire alla Legge e di praticare la pura adorazione. Chi nominava questi profeti? Essi non erano scelti dai capi della nazione o dai sacerdoti e nemmeno da altri profeti. Essi erano nominati da Dio stesso, mediante lo Spirito santo. (Num. 11:24-29) Come emerge chiaramente dalla narrazione biblica essi non erano altro che latori dei messaggi di Dio.

Non vi era alcuna disposizione nella Legge che prevedesse la nomina di profeti, o alcuna procedura ufficiale per investire alcuno di tale autorità, sicché gli Israeliti potevano determinare in tre modi se chi si presentava loro in veste di profeta fosse realmente inviato da Dio:

1) il profeta doveva parlare nel nome di Dio,

2) le sue parole si dimostravano veraci (Deut. 18:20-22),

3) la sua profezia promuoveva la vera adorazione (Deut. 13:1-4).

L’incarico di profeta di cui ci parla la Bibbia non era fonte di prestigio o potere. Anzi, i profeti in genere erano impopolari. Molti di loro subirono feroci maltrattamenti dall’eletto popolo di Dio. Alcuni furono brutalmente perseguitati o addirittura uccisi dai capi della nazione. Non risulta in nessuna parte della narrazione veterotestamentaria che i profeti di Dio fossero organizzati in un corpo centrale che provvedeva la sua direttiva alla nazione d’Israele. In un paio di circostanze la Bibbia parla di gruppi di profeti, come per esempio in 1 Samuele 10:5, 10; 2 Re 2:3, 5 e 4:38, ma non si dice assolutamente che essi agissero regolarmente come una sorta di “canale” di comunicazione. Infatti, a volte essi stessi non erano al corrente dell’esistenza di altri profeti o anche di altri veri adoratori. Per esempio, durante uno dei periodi in cui il regno settentrionale d’Israele si dimostrò particolarmente infedele, il profeta Elia credette di essere rimasto il solo in Israele a non essersi genuflesso davanti a Baal. Tuttavia Dio gli rivelò che: “Io ho lasciato rimanere in Israele settemila, tutte le ginocchia che non si sono piegate a Baal, e ogni bocca che non lo ha baciato”. (1 Re 19:18) Quei settemila intemerati senza dubbio sarebbero stati considerati sleali dall’unto re che era a quel tempo al potere. Tuttavia niente di quell’episodio può farci inferire che essi fossero organizzati in gruppo o in qualche altro modo. Essi vivevano la loro fede quietamente in mezzo a un popolo che, pur essendo eletto, era infedele a Dio.

Durante tutto il periodo precristiano, la Bibbia narra di individui fedeli che furono leali a Dio, a prescindere dalla lealtà o meno dei capi della nazione. E ciò durò fino a quando non apparve Gesù. A un giusto profeta di nome Simeone fu dato di vedere il fanciullino Gesù, in adempimento della profezia che gli era stata trasmessa dallo Spirito santo. (Luca 2:25-35) Nell’episodio è anche menzionata una fedele profetessa chiamata Anna. (Luca 2:36-38).

Gesù: mandato alle “pecore smarrite d’Israele”

Quando Gesù apparve sulla scena del mondo, tutto si poteva dire degli Israeliti fuorché che fosse una nazione altamente organizzata. Erano infatti governati da stranieri. Non praticavano la pura adorazione. La maggioranza di loro (ciò che era rimasto del regno delle dieci tribù più i discendenti del grande numero di Giudei che non erano mai ritornati in Palestina dopo l’esilio babilonese) era dispersa in tutta la terra. Erano governati da diverse nazioni e re. Erano divisi nelle loro credenze. Avevano fatto tante e tali aggiunte alla Legge al punto che era diventato impossibile osservare anche un comando semplice come quello relativo al sabato. L’adorazione che veniva resa a Gerusalemme era stata corrotta dal commercialismo e da riti e formalismi senza reale significato.

Nonostante questa situazione, il ministero di Gesù fu rivolto ai Giudei e ai Samaritani invece che ai Gentili. Perché? Egli stesso disse di essere stato mandato “alle pecore perdute d’Israele”. (Matt. 15:24) E pur nella loro infedeltà e apostasia, essi erano ancora il popolo eletto di Dio. Fu solo dopo che rigettarono il Messia che la “casa fu loro abbandonata”. – Matt. 23:38.

Ha inizio l’era cristiana

L’arrivo di Gesù più che una nuova via di comunicazione fra Dio e l’uomo, inaugurò l’era di un nuovo, speciale portavoce. Ebrei 1:2 dice: “in questi giorni [Dio] ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo”. Avrebbe Gesù stabilito un’organizzazione visibile per rappresentare i suoi interessi sulla terra, o ciascun singolo cristiano sarebbe stato un “ambasciatore in sostituzione di Cristo”? – 2 Cor. 5:20. Quando Gesù parlò del mantenere la vigilanza, «Pietro chiese, “Signore, dici questa illustrazione a noi o anche a tutti?” E il Signore disse, “Chi è realmente il fedele economo, il discreto, che il suo signore costituirà sul suo corpo di servitori per dare loro a suo tempo la loro misura di provvista di cibo? felice quello schiavo, se il suo signore, arrivando, lo troverà a fare così. Vi dico veracemente: Lo costituirà sopra tutti i suoi averi”». Quindi Gesù spiegò che lo schiavo disobbediente avrebbe potuto comportarsi in diversi modi. Egli poi concluse: “Quindi quello schiavo che ha capito la volontà del suo signore ma non si è preparato o non ha fatto conforme alla sua volontà sarà battuto di molti colpi. Ma chi non ha capito e ha fatto quindi cose meritevoli di battiture sarà battuto di pochi colpi. In realtà, a chiunque è stato dato molto, sarà richiesto molto; e a colui al quale è stato affidato molto, sarà richiesto più del solito”. – Luca 12:41-48.

La Società Torre di Guardia usa la domanda retorica di Gesù contenuta nel passo parallelo di Matteo 24:44-51 come base per arrogarsi l’autorità di essere “il [solo e unico] schiavo fedele e discreto” incaricato “di tutti gli averi [del signore]”. Ma è difficile immaginare che questa parabola si riferisca alla moltitudine di organizzazioni religiose, ciascuna più o meno credibile. Essa ha chiaramente il solo significato di costituire un’esortazione ai singoli cristiani affinché siano costantemente consapevoli dell’importanza di un’appropriata condotta verso gli altri, specialmente i loro fratelli, tenendo sempre presente che un giorno tutti dovranno rispondere all’unico Maestro.

Gli apostoli costituivano un “Corpo Direttivo”?

Se Gesù avesse desiderato stabilire un “canale di comunicazione” mediante il quale rivelare un sempre crescente intendimento delle Scritture, indubbiamente i suoi fedeli apostoli sarebbero stati i primi ai quali questa “nuova luce” sarebbe stata rivelata. Invece, i fatti mostrano che ciò non ebbe luogo. Alcuni degli apostoli sono menzionati spessissimo nell’intero Nuovo Testamento. Alcuni d’essi scrissero lettere che poi divennero parte della Bibbia, come Matteo, Pietro e Giovanni. E c’è da dire che quasi nessuno del gruppo dei dodici assume il rilievo di Paolo, Barnaba, Sila e Timoteo nella crescita e nella diffusione del neonato cristianesimo. Infine, non si può trascurare il fatto che la maggioranza delle Scritture Cristiane ispirate furono redatte da discepoli che non appartenevano nemmeno ai dodici, come, per esempio, Paolo, ma anche Marco, Luca, Giacomo e Giuda.

La vita, la morte e la resurrezione di Gesù adempirono molte profezie che i maestri della Legge di quel tempo non compresero. Ecco che i cristiani ebbero bisogno d’essere aiutati a capire ciò che era avvenuto e il suo profondo significato. In che modo fu a loro rivelata la verità sul ruolo di Cristo, l’atteso Messia? Secondo Luca 24:13-35, Gesù, lo stesso giorno della sua resurrezione, apparve a due discepoli sulla strada di Emmaus, uno dei quali di nome Cleopa, ed ecco ciò che accadde: “E cominciando da Mosè e da tutti i Profeti interpretò loro le cose che lo concernevano in tutte le Scritture”. Questa completa spiegazione di come le profezie ebraiche si applicavano a Gesù fu indubbiamente l’esempio più significativo di rivelazione divina che troviamo nelle Scritture. Dopo che Gesù ebbe preso un pasto con loro e li ebbe lasciati, essi ritornarono immediatamente a Gerusalemme dove si incontrarono con gli undici discepoli e narrarono loro dell’incontro che avevano avuto. Mentre ancora stavano parlando, ecco che Gesù apparve all’intera assemblea lì radunata.

Prima di ascendere al cielo, Gesù indicò agli undici che gli era già stata conferita l’autorità di assumersi la responsabilità su ogni cosa: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. – Matteo 28:18-20. Inoltre, prima di morire, Gesù disse ai suoi discepoli che egli avrebbe mandato loro un paracleto, un soccorritore e consigliere che avrebbe preso il suo posto sulla terra dopo il suo ritorno in cielo: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro consolatore perché rimanga con voi per sempre. Lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi”. (Giovanni 14:16, 17) Parlando successivamente dello Spirito santo, Gesù continuò: “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà”. – Giovanni 16:13-15.

Lo Spirito santo doveva forse operare soltanto per un breve periodo, lo spazio di una generazione o poco più al tempo della primitiva congregazione cristiana, fino a quando Gesù non avesse organizzato una nuova chiesa, che si assumesse il compito di sostituire lo Spirito santo, cioè quello di nutrire i suoi discepoli e di “guidarli alla verità”? Assolutamente no. Gesù disse che lo Spirito sarebbe stato con loro per sempre, senza alcun bisogno d’essere sostituito. E poiché dopo la sua resurrezione Gesù sarebbe stato costantemente vicino ai suoi discepoli per mezzo dello Spirito santo, non vi sarebbe stato nessun motivo per far credere loro che lo sviluppo della chiesa avrebbe contemplato l’instaurazione di un gruppo di suoi rappresentanti, che da una località centrale avrebbero impartito guida e direttive al resto del mondo. Gesù lo indicò molto chiaramente quando disse: “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. – Matteo 18:20.

Il “Concilio di Gerusalemme” fu fonte di “nuova luce”?

La Società Torre di Guardia ipotizza che gli anziani della congregazione di Gerusalemme, città dalla quale cominciò a diffondersi il Vangelo in tutto il mondo, agissero alla stessa stregua dell’attuale Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova, decidendo questioni importanti per i cristiani delle altre congregazioni, e agendo come fonte di continuo e crescente intendimento della verità. Essa spiega che, quando sorse la nota disputa relativa alla questione della circoncisione, gli anziani di Gerusalemme agirono per dirimerla proprio come il Corpo Direttivo d’oggi. Ma è questo ciò che insegna la Bibbia? Quale fu il ruolo della congregazione di Gerusalemme nella vicenda e come agirono lo stesso Gesù e lo Spirito santo nello sviluppo e nella risoluzione di quel problema? Esaminiamo ciò che è scritto in Atti 15:1-35 e Galati 2:1-4.

Secondo il racconto degli Atti, la questione fu sollevata quando ad Antiochia, provenienti da Gerusalemme [“da Giacomo”, come dice Galati 2:12] vennero degli uomini che cominciarono a insegnare qualcosa di nuovo, qualcosa che Paolo non aveva insegnato a quei credenti Gentili. Qual era questa “nuova verità” che veniva da Gerusalemme? “Se non vi fate circoncidere secondo l’uso di Mosè non potete esser salvi”, essi dicevano. Ciò era in diretto conflitto con quello che Gesù stesso aveva rivelato a Paolo, cioè che si è salvi solo per mezzo della fede. Paolo assunse una posizione di forte contrasto nei confronti di questo “nuovo insegnamento”. Ma gli uomini di Gerusalemme insistevano sulle loro ragioni, cosicché Paolo e Barnaba si recarono a Gerusalemme “dagli apostoli e dagli anziani per tale questione”. Il racconto di Paolo com’è esposto nella lettera ai Galati mostra che egli si recò a Gerusalemme su diretto incarico dello stesso Signore, “in seguito ad una rivelazione”. Ivi giunto egli si rese conto che in quella comunità vi erano alcuni giudeo-cristiani che effettivamente credevano che la circoncisione fosse necessaria per la salvezza. Secondo il racconto di ciò che accadde, fatto da Paolo alla congregazione galata, egli si riunì privatamente con quelli che “sembravano essere le persone più ragguardevoli” della congregazione, gli anziani preminenti. Egli “espose loro il Vangelo che predicava fra i pagani”. Quegli uomini pii, guidati dallo Spirito santo, riconobbero di essersi sbagliati, accettarono la correzione che Cristo dava loro mediante Paolo, e nel corso di una grande adunanza insieme agli altri anziani e sotto la guida dello Spirito santo pervennero a una corretta conclusione. Quindi scrissero una lettera di ritrattazione indirizzata direttamente ai Gentili di Antiochia, nella quale fra l’altro era detto che, se questi ultimi si fossero astenuti dal fare determinate cose, avrebbero contribuito alla pace fra i Giudei e i Gentili, ed anche alla loro salute e prosperità. Nella lettera, i Gentili furono incoraggiati ad astenersi dalle “sozzure degli idoli” e “dagli animali soffocati”. Più avanti, comunque, Paolo parla del mangiare carne ed altri cibi e chiarisce che evitarli era questione di coscienza, e che per i cristiani, evitare azioni che potevano turbare gli altri era la cosa più importante. (Vedi anche Rom. 14:14,2 0,21; 1 Cor. 10:19-33).

Non vi è assolutamente nessuna evidenza del fatto che da quella adunanza scaturisse qualche nuovo intendimento. Gli anziani di Gerusalemme ricevettero correzione piuttosto che impartire direttive. Da quell’evento non emerge niente che faccia pensare all’esistenza di un “corpo direttivo” composto da alcuni degli anziani di Gerusalemme, deputati a stabilire norme e regole valide per l’intera comunità cristiana d’allora. Anzi, sembra essere avvenuto tutto il contrario. L’evidenza mostra chiaramente che lo Spirito di Dio operava per mezzo di fedeli individui che aiutarono la congregazione cristiana a comprendere il suo errore.

Lo Spirito di Dio opera con i primi cristiani

Gesù disse ai suoi discepoli di rimanere a Gerusalemme solo fino a quando non fossero stati “rivestiti di potenza dall’alto”. (Luca 24:49) Ciò ebbe luogo alla Pentecoste. Pietro parlò in quell’occasione, applicando la profezia di Gioele a ciò che era accaduto. Inclusa in quella profezia, che doveva adempiersi nel corso di tutta l’era cristiana, vi era la predizione: “Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno” (Atti 2:17, 18). La profezia diceva che Dio, mediante lo Spirito santo, avrebbe comunicato con i cristiani come nei tempi precristiani, cioè direttamente e per mezzo di visioni, sogni e mediante i profeti. Troviamo nelle Scritture la conferma che ciò sia avvenuto?

Il libro degli Atti è pieno di racconti che mostrano chiaramente l’adempimento della profezia di Gioele. Esso mostra che nella congregazione cristiana primitiva vi fu un diretto e attivo intervento dello stesso Gesù e anche dello Spirito santo, degli angeli, di visioni e di sogni. Fra le attività che in essa avevano luogo vi era anche la conversione di persone, l’espansione della congregazione, la scelta e la guida degli apostoli e dei missionari, il mantenere pura la congregazione dalla corruzione della falsità, l’incoraggiamento e l’assistenza dei cristiani nelle prove e nelle difficoltà, e la guida, la redazione e la preservazione di tutte le informazioni essenziali delle quali i cristiani avrebbero avuto bisogno nei secoli a venire, cioè le Scritture cristiane. Non vi era nessuna parte essenziale della crescita del cristianesimo nella quale Gesù o lo Spirito santo non intervenissero a guidare o a dirigere.

Si prenda il caso di Filippo e dell’etiope. Filippo stava predicando in Samaria. Un angelo lo indirizzò sulla via che va da Gerusalemme a Gaza. Su di essa egli incontrò un eunuco etiope. Lo Spirito mandò Filippo incontro al carro. Dopo il battesimo di quel proselito, lo Spirito di Dio portò via Filippo. – Atti 8:36, 39, 40.

E che dire di Cornelio, uomo timorato di Dio. Egli ebbe la visione di un angelo di Dio, che gli disse di mandare degli uomini a Joppe da Pietro. Contemporaneamente, mentre Pietro era in terrazza intento a pregare, cadde in trance ed una voce dall’alto gli disse che tutte le cose che prima erano considerate impure adesso erano pure. Lo Spirito gli disse quindi degli uomini che si erano recati da Cornelio. Pietro si recò alla casa di quest’ultimo, dove dichiarò il Vangelo a un vasto gruppo di persone, che divennero cristiani. – Atti 10:1-46.

Gesù stesso fu l’artefice della conversione di Saulo. (Atti 9:3-6:15) Saulo (Paolo), sotto l’influenza dello Spirito santo, svolse un ruolo fondamentale nella diffusione del messaggio cristiano ai non Giudei. Egli fondò parecchie congregazioni. Chi lo aveva autorizzato a farlo? Era stata la congregazione di Gerusalemme o quella di Antiochia, dalle quali egli aveva iniziato i suoi viaggi missionari? Saulo e Barnaba furono incaricati come missionari e inviati a evangelizzare sotto la precisa direttiva dello Spirito santo. – Atti 13:1-4.

Il racconto biblico mostra che coloro ai quali Paolo predicava erano da lui esortati a rivolgersi a Cristo stesso per avere guida e non a qualche gruppo di anziani, sia a Gerusalemme che altrove. Nella conversazione che ebbe luogo fra Paolo e un carceriere di Filippi, subito dopo la sua liberazione miracolosa, egli non fece altro che dichiarare la parola di Dio a quell’uomo e a “tutta la sua casa”. Prima dell’alba, il carceriere e tutta la sua casa (probabilmente vi erano inclusi i figli ed i servitori) furono battezzati. Forse Paolo disse loro di rivolgersi alla congregazione locale affinché questa completasse il loro “addestramento”? No, poiché non vi era nessuna congregazione in quel luogo, ma solo un’altra persona convertita di recente, una donna di nome Lidia. – Atti 16:30-34.

Potremmo citare molti altri esempi, ma il messaggio è chiaro: il ruolo principale nel guidare i cristiani in ogni attività della loro vita fu svolto da Gesù Cristo stesso e dallo Spirito santo, piuttosto che da qualche uomo o gruppo di uomini. Fu lo Spirito che guidò Paolo e i suoi compagni durante i loro viaggi missionari (16:6-10; 18:9-11; 20:22,23; 21:4), che li liberò dai pericoli, li ispirò a scrivere lettere alle congregazioni che essi stessi avevano stabilito, e nominò sorveglianti. – 20:28, 32,33.

Alcuni hanno pensato che i sorveglianti sono “nominati” dallo Spirito santo nel senso che gli uomini che conoscono i requisiti biblici degli anziani nominano altri uomini che possiedono tali requisiti. Si tratta di una spiegazione ragionevole, e degli studiosi qualificati hanno avanzato l’ipotesi che gli anziani di Efeso fossero nominati da alcuni rappresentanti della chiesa. Ma la Bibbia di per sé non dichiara che Paolo o chiunque altro avessero nominato tali sorveglianti. Le lettere di Paolo a Timoteo e a Tito che contenevano tali requisiti non erano ancora state scritte. La Bibbia dice che i sorveglianti efesini furono nominati dallo Spirito santo. (Atti 20:28) Così è molto probabile che lo Spirito santo direttamente nominasse quegli uomini all’incarico di sorvegliante. In tal caso, è pure possibile che fosse dall’osservazione di tali uomini nominati direttamente dallo Spirito santo che Paolo fosse ispirato a mettere per iscritto i requisiti per tale incarico a Timoteo e a Tito.

Proprio come agli Israeliti fu dato il modo di identificare chiaramente i veri e i falsi profeti e le loro profezie, così fu per i cristiani. Quando, in seguito, l’apostolo Giovanni disse di provare le “espressioni ispirate” (1 Giov. 4:2, 3), egli non attirò l’attenzione principalmente sulle dottrine, la condotta o la fonte delle profezie quali criteri per valutare la correttezza dei messaggi divini o supposti tali. Piuttosto, la profezia è giudicata dal suo scopo principale. E se lo scopo è Cristo e la sua opera redentrice, allora è da Dio. Se non lo è, lo spirito di profezia viene dall’anticristo.

Lo Spirito di Dio opera per mezzo di individui E di un’organizzazione?

Come abbiamo abbondantemente constatato, le prove che Dio ha comunicato la sua volontà per mezzo di persone e non di gruppi organizzati, sono fin troppo evidenti. Ci si potrebbe allora chiedere: Non potrebbe darsi che Dio comunichi alcune cose a dei singoli individui e altre a un’organizzazione da lui scelta e approvata che agisce quale suo profeta? Questo è infatti ciò che alcuni credono in quanto ritengono che un’organizzazione possa anche agire e comportarsi proprio come una persona individuale. Non v’è dubbio che la stretta associazione con un’organizzazione nella quale si ripone cieca fiducia può influenzare i suoi membri fino al punto che questi condividano ciecamente i punti di vista dei suoi capi, si esprimano in modo simile a loro, o agiscano in modo pedissequamente uniforme. Può anche sembrare che l’organizzazione abbia una “sua propria mente”. Ma non è così. Un’organizzazione non è un’entità separata come lo è una persona. Essa non ha alcuna capacità di pensare in maniera autonoma, di nutrire sentimenti o di avere opinioni.

Le organizzazioni sono composte di individui che si sono uniti insieme per coordinare i loro sforzi allo scopo di conseguire degli obiettivi, oppure per trovare una loro realizzazione nell’associazione con il gruppo. Esse possono essere piccole o grandi, unite più o meno strettamente. I suoi membri possono a volte costituire delle associazioni legali per potere così svolgere liberamente determinate attività commerciali. Alla loro guida spesso vengono nominati dei capi o portavoce del gruppo, pur se con titoli e attribuzioni diverse, e ai suoi membri vengono assegnati determinati compiti da svolgere nel suo ambito. In esse vengono anche stabilite regole di condotta e metodi operativi che tutti devono seguire scrupolosamente per il conseguimento di determinati obiettivi. Ma, sebbene sia comune parlare di un’organizzazione attribuendole la capacità di compiere qualcosa, nessuna attività da essa svolta può esserlo indipendentemente dai membri che la compongono, sia che lavorino da soli o in gruppo. Ogni suo pensiero e azione provengono da individui. Senza i suoi membri un’organizzazione è assolutamente incapace di generare idee, di comunicarle o di propagandarle. Ciò vuol dire che tutte le comunicazioni che provengono “dall’organizzazione” in realtà provengono da qualche persona, sebbene i suoi membri possano sinceramente sforzarsi di parlare e persino pensare facendo astrazione da se stessi per esprimersi in maniera “organizzata” a favore del gruppo. Ciò spiega anche perché è così difficile a volte per i sinceri Testimoni determinare quale sia in realtà il “punto di vista dell’Organizzazione” su certi argomenti, poiché accade spesso che le comunicazioni scritte o verbali provenienti da essa possono essere in contrasto fra loro. Tutto ciò si verifica perché il cosiddetto “punto di vista dell’Organizzazione” in effetti non fa che riflettere i diversi punti di vista delle varie persone che parlano per essa.

Dopo la seconda guerra mondiale, non fu il nazismo in quanto organizzazione a essere processato per crimini di guerra. Ma furono gli individui che ad esso appartenevano, e alcuni furono pure giustiziati. Un’organizzazione non può commettere crimini, né essere punita per essi. Ma le persone sì. E questo è il significato delle parole di Gesù quando disse, riferendosi al suo arrivo nella gloria, che egli avrebbe … “separato gli uni dagli altri, proprio come un pastore separa le pecore dai capri”. Egli continuò mostrando che avrebbe basato il suo giudizio sulla condotta personale e non sulla lealtà a un’organizzazione o a una struttura dottrinale. – Matteo 25:31-46.

Un’organizzazione non ha opinioni, non ha memoria, non ha coscienza, non ha amore, non ha odio. Essa non può nutrire emozioni o punti di vista. Non può né sbagliare né indovinare. E poiché questo vale per tutte le organizzazioni, è chiaro che è solo su base personale che un individuo può avere una relazione con Dio (o con chiunque altro). Ciò non vuol dire che le organizzazioni siano un male di per se stesse. Ma esse devono essere considerate per quello che sono. Le organizzazioni sono un mezzo attraverso il quale delle persone possono unire i loro sforzi per compiere insieme, come gruppo, ciò che individualmente non potrebbero mai fare. Ma loro non sono personalità o entità con volontà indipendenti, con intelligenza o capacità.

E per quanto riguarda l’autorità di cui esse sono investite, vi è da dire che è quella loro attribuita dalle singole persone che obbediscono alle norme e alle regole da esse stabilite, e che quindi si sottomettono loro (si veda anche Romani 6:16). Si può anche pensare che obbedire alle direttive emanate dai rappresentanti di un’organizzazione significhi obbedire a quella determinata organizzazione. Ma non è così. Si tratta semplicemente di obbedienza alla volontà di individui che assumono la direttiva, poiché un’organizzazione non ha una sua propria autorità. É facile perdere di vista questo semplice fatto quando ci si trova di fronte alle grandi cose che divengono possibili allorché gli individui uniscono i loro sforzi. Ma gli enormi edifici e le altre realizzazioni materiali non possono impressionare Dio né essere indice del suo favore e delle sue benedizioni. – Gen. 11:6.

Non dovremmo sentirci intimiditi o frastornati quando i capi di un’organizzazione additano i segni visibili del loro successo come prova che Dio li ha benedetti o sta sostenendo la loro opera. Dio possiede risorse illimitate e capacità infinite. Egli non ha bisogno di alcun edificio o di macchine da stampa né di risorse finanziarie, o di alcun tipo di struttura organizzativa per compiere la sua volontà, come se egli stesso non fosse in grado di operare senza di esse. La storia ci ha insegnato che uno dei maggiori problemi delle organizzazioni è che le norme e le regole, che vanno benissimo per governare il gruppo, si rivelano spesso inadatte quando devono essere applicate e seguite dai singoli individui che lo compongono. Dio, d’altra parte, può dare a ogni persona una direttiva individuale pienamente adatta a lui. Possiamo aver fiducia nel fatto che il nostro Padre celeste sa ciò di cui abbiamo personalmente bisogno e provvederà a tali bisogni nel miglior modo possibile. – Matt. 6:31-33; 1 Giov. 5:13-15, 20.

“Venite a me”

Dalla morte degli apostoli in poi, sono sorte molte organizzazioni religiose, spesso animate da sincere intenzioni, con l’obiettivo di radunare fra loro i credenti, di offrire riparo nei periodi di persecuzione, e di salvaguardare l’ortodossia dottrinale. Comunque, con il trascorrere del tempo, con la morte dei fondatori e la crescita del nucleo originario è quasi sempre accaduto che emergessero membri attivi e influenti di tali organizzazioni i quali inevitabilmente hanno travisato lo scopo originale della fratellanza o della comunità. Per motivi diversi, dai migliori ai più abietti, compreso il miraggio di notevoli guadagni, o quello di conseguire autorità o prestigio, è accaduto che si mettessero da parte i nobili scopi dichiarati dall’organizzazione per privilegiare l’ottenimento di un potere sempre crescente. Le pagine della storia, scritte con le lacrime e col sangue, sono una imperitura testimonianza delle tremende conseguenze che costituiscono sempre il risultato finale di tale processo. E questo a prescindere dalla buona fede di chi in tal modo ha creduto di rappresentare Cristo, asserendo di parlare nel suo nome e con la sua autorità. Tali persone possono anche ritenere di avere l’esclusivo diritto di interpretare la Bibbia e di espellere chiunque dissenta dalle loro interpretazioni. Con il trascorrere del tempo è sempre accaduto che gli uomini al potere abbiano sostituito con i loro “catechismi” il genuino messaggio biblico, convinti così, come gli antichi Farisei, di rendere un buon servizio ai fedeli. E, per accrescere la potenza della loro organizzazione, non hanno esitato a ricorrere a stratagemmi puramente umani, attirando all’interno dei loro recinti folle di persone allettate dai miraggi e dalle promesse di capi più o meno carismatici. A questo si è anche aggiunto l’uso del ricatto, dell’intimidazione, della coercizione, dell’imposizione di regole per far sì che, una volta dentro tali recinti, le pecore non potessero più uscirne senza lacerazioni e difficoltà, e così sono nate tutte le religioni, grandi e piccole. Molte di loro adesso si sono date una veste rispettabile, hanno anche rinnegato alcuni aspetti della loro storia, ma questo non serve a nulla, perché si tratta quasi sempre di espedienti strumentali con i quali esse tentano di rifarsi una certa verginità. Anche se è pleonastico, vale la pena di aggiungere che a tutto questo ha sempre fatto da sfondo essenziale il massiccio rastrellamento di denaro dalle masse religiose che ha portato al sempre crescente distacco di tali chiese dallo spirito genuino originario del cristianesimo fondato da Cristo.

Tale storia invereconda della totalità delle religioni ha senza dubbio recato grande disonore a Gesù Cristo. Ecco perché, dopo aver descritto doviziosamente il tipo di condotta amorevole che avrebbe dovuto caratterizzare i suoi veri seguaci, Gesù avvertì: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore ma dentro sono lupi rapaci”. Egli disse che “tali uomini” sarebbero stati riconosciuti dalla loro condotta o dai loro “frutti”, non come organizzazione, ma come individui. (Matteo 7:15-20) Per questo stesso motivo, la crescita dell’organizzazione o le sue dimensioni non sono necessariamente indicazione dell’approvazione e della benedizione di Dio, poiché Gesù disse: “Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti“. – Matt. 24:11.

Le organizzazioni non sono in se stesse sbagliate. Spesso servono a provvedere un capitale di risorse di tempo, energia o denaro da impiegare in scopi utili. Nelle mani sbagliate, comunque, tali risorse possono essere usate per scopi diversi da quelli di onorare Gesù e di esaltare la sua opera redentrice. Quando all’interno delle organizzazioni religiose alcuni scelgono di rivolgersi unicamente a Cristo per ottenerne guida e direttive, spesso ciò li pone in conflitto con i vertici della chiesa che vede in questo loro atteggiamento una minaccia per la loro leadership, e a volte questo può portare a delle lacerazioni e a scelte dolorose. In alcune circostanze, determinate organizzazioni giungono al punto di espellere tali persone perché considerate “anticonformiste” e quindi una minaccia per l’unità dell’organizzazione.

Se i membri di un’organizzazione religiosa ci odiano o ci chiamano apostati per la nostra scelta di essere fedeli solo a Dio e a suo Figlio invece che all’organizzazione, e in conseguenza di ciò ci escludono dalla loro associazione, è bene ricordare le parole di conforto di Gesù: “Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli – Luca 6:22, 23. Vedi anche 3 Giov. 9, 10.

Pietro disse: “Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto”. (Atti 10:34, 35) Paolo aggiunse: “[Dio] non è lontano da ciascuno di noi”. (Atti 17:26,27) La nostra risposta a Dio può aver luogo in ogni posto, in ogni tempo, e deve aver luogo su base personale, poiché Dio ha comprato ciascuno di noi individualmente con il sangue di suo Figlio, e desidera che ciascuno di noi si penta personalmente dei suoi peccati, accetti il perdono, e venga a lui. “Venite a me”, disse Gesù, ” … ed io vi ristorerò”. – Matt. 11:28.

Dove possiamo andare?

La Bibbia dice che Dio parlò al genere umano per mezzo dei profeti nei tempi precristiani e mediante suo Figlio nell’era cristiana. Non vi è nessuna evidenza in tutti gli scritti sacri che faccia anche solo pensare che Dio abbia mai fondato un gruppo di suoi servitori e speciali rappresentanti affinché questi agissero come suoi “economi”, per rivelare i suoi messaggi o esprimere la sua volontà al resto del suo popolo fedele. Ecco perché nella Bibbia non vi è una sola esortazione a identificare un tale gruppo di rappresentanti o ad esprimergli lealtà, fedeltà, obbedienza, o cooperazione.

Non possiamo trasferire le responsabilità che abbiamo individualmente dinanzi a Dio su altri, né, come abbiamo visto, un’organizzazione può assumersi delle responsabilità per conto di altri. Paolo disse: “Quindi ciascuno di noi renderà conto a Dio di se stesso” (Rom. 14:12) Nel giorno in cui dovremo rendere conto a Dio del modo in cui abbiamo vissuto, un’eccellente storia di fede in Dio e dei trascorsi di buona condotta cristiana nei confronti degli altri, specialmente dei seguaci di Gesù, non potranno essere sostituiti da un curriculum di fedeltà a un’organizzazione.

Se condivise, le conclusioni alle quali siamo qui pervenuti potrebbero costituire un problema per chi desiderasse continuare a rimanere associato all’organizzazione dei Testimoni di Geova, rappresentata dall’ente legale della Società Torre di Guardia. Chi, invece, decidesse di lasciarla, potrebbe porsi la domanda che sono in molti a porsi: dove andare? Accade spesso che chi si trova in profondo conflitto dottrinale con l’organizzazione, ciò nonostante continui a rimanere al suo interno, poiché le conseguenze di un suo eventuale abbandono, specialmente se motivato da dissensi “teologici”, comporterebbe quasi certamente il rigetto da parte dei suoi amici e della famiglia, a cui spesso si aggiunge un sistematico e metodico lavoro di demolizione della sua reputazione con la calunnia e la diffamazione. Un sacrificio del genere potrebbe sembrare superiore ai benefici conseguenti all’abbandono, in vista anche del fatto che, se si va in cerca della “verità” presso un altro gruppo religioso, di frequente si riscontra che la nuova aggregazione religiosa a cui si aderisce ha, sì, delle dottrine corrette, ma non “tutta la verità”. Cercare la “verità” fra le tante organizzazioni e gruppuscoli religiosi può risultare infruttuoso e spesso stressante, e, d’altra parte, tale esercizio non è certamente la sola né la migliore delle alternative. Effettivamente, la decisione migliore potrebbe essere quella di non scegliere per niente di aderire a nessun’altra organizzazione. Sembra strana una conclusione del genere?

Secondo la Società Torre di Guardia, la vera religione deve insegnare tutta la verità, e ciò vuol dire che se anche solo uno dei suoi insegnamenti è errato, tutti gli altri potrebbero esserlo similmente. Essi in ciò seguono l’assioma del “falsum in uno falsum in toto“. Dal punto di vista della Torre di Guardia, la “verità” è fatta di “corretti insegnamenti” o di “accurate spiegazioni” che devono collimare bene con la realtà, e da interpretazioni che devono essere supportate o “dimostrate” dal ragionamento umano e dall’uso di riferimenti biblici che la sostengano proprio come uno scienziato o un matematico può cercare di spiegare i meccanismi dell’universo fisico mediante dei ragionamenti o per mezzo di formule matematiche o di teoremi. Ma un simile procedimento non può assolutamente essere utilizzato per pervenire alla conoscenza di Dio. Paolo ci mise in guardia contro tale concetto della conoscenza: “La scienza gonfia, mentre la carità edifica. Se alcuno crede di sapere qualche cosa, non ha ancora imparato cosa bisogna sapere. Chi invece ama Dio, è da lui conosciuto”. (1 Cor. 8:2,3) Paolo spiega con chiarezza che amare Dio è di gran lunga più importante della conoscenza e della profonda erudizione che si ottengono studiando minuziosamente il testo biblico. Nessuna persona o gruppo di persone, e pertanto nessuna organizzazione, chiesa o gruppo religioso sa ogni cosa di Dio o delle sue vie. Così nessuno può trovare “la verità che conduce alla vita eterna” cercando e ricercando la “giusta” spiegazione dei passi biblici o “dimostrando” certe posizioni dottrinali. La “verità”, nel senso biblico, non si può trovare in tal modo.

Gesù disse: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. (Giov. 14:6) Perciò, conoscere la “verità” in senso biblico deve cominciare da una relazione con Gesù Cristo, semplicemente accettandolo come figlio di Dio e nostro Salvatore, Mediatore, Signore e Re. (1 Cor. 3:11) Quando molti discepoli di Gesù lo lasciarono perché scandalizzati da alcuni dei suoi insegnamenti, egli chiese ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?” Pietro rispose: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Giov. 6:67-69) Gli apostoli di Gesù non lo lasciarono per andare in cerca della “verità” o di una verità più accettabile. Essi sapevano che nessun altro avrebbe potuto dar loro la vita. La risposta di Pietro alla domanda di Gesù mostra che egli aveva compreso che la domanda non era relativa al dove andare, ma in chi confidare. Gli apostoli riconobbero in Gesù la sola fonte di verità, e sapevano che non avrebbero potuto confidare in nessun’altra persona o gruppo di persone per ricevere da loro l’insegnamento che conduce alla vita eterna.

L’apostolo Giovanni ci assicura che ci è stata data “intelligenza [capacità intellettuale, TNM] per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna”. (1 Giov. 5:20) Giovanni continua: “Figlioli, guardatevi dai falsi dèi”. (vs 21) Perché pronunciò questo avvertimento? Le pubblicazioni della Società Torre di Guardia si riferiscono all’organizzazione con i termini che la Bibbia usa in riferimento a Gesù Cristo. I Testimoni dicono di essere “nella verità” volendo dire che essi sono “nell’organizzazione”. L’organizzazione è presentata come se fosse incaricata della responsabilità di “tutti gli interessi del re” sulla terra, di tutte le cose cioè di cui Gesù disse che si sarebbe occupato personalmente. Attribuire a un’organizzazione la capacità di provvedere guida e protezione dai nemici non è altro che idolatria. (Vedi Eso. 3:24) E le persone che insegnano tali cose sono dei falsi profeti.

Invece di seguire qualche uomo o gruppo di uomini, si deve seguire solo Gesù Cristo, che possiede “tutta l’autorità in cielo e sulla terra“. (Matt. 28:18) Basata su tale solido fondamento, l’associazione cristiana prende una dimensione del tutto nuova. Si può anche comprendere che essa non sia costituita da un determinato e visibile gruppo di persone, identificate da un’etichetta confessionale, ma che si può essere uniti a quelli che alcuni hanno definito la “chiesa invisibile”, una comunità di persone sconosciute le une alle altre, ma unite da un fattore comune di coesione: la fede in Gesù, nel suo sacrificio e nel desiderio di allargare il loro amore a tutto il genere umano, senza la barriera rappresentata dagli steccati confessionali e dottrinali.

Lo scopo che ci siamo prefissi con questo breve studio non aveva altra pretesa se non quella di spingerci alla riflessione sul fatto che non esiste niente nella Bibbia che possa giustificare l’arrogante asserzione della Società Torre di Guardia (e di qualunque altra organizzazione religiosa) di essere il “canale” di Dio. Naturalmente, esso non desidera assolutamente incoraggiare i suoi lettori alla ricerca di un’altra organizzazione nella quale trovare la “verità”, anzi, abbiamo chiaramente mostrato che dal nostro punto di vista sarebbe un errore cercare Cristo presso qualunque religione o organizzazione religiosa, perché ciò lo renderebbe il supporter o lo sponsor di un’associazione umana, mentre egli, dall’alto della sua autorità, è vicino a tutti gli uomini che seguono il suo esempio di amore e di altruismo.

Sergio Pollina

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