Geovismo e diritto di famiglia

L’esercizio della libertà religiosa ha evidenti ricadute sul tessuto familiare e, anche in questo campo, il geovismo promuove – nella prospettiva di uno Stato veramente laico – discutibili comportamenti sui quali s’imporrebbe l’attenzione vigile delle istituzioni statali preposte. Stando ad esplicite ammissioni contenute in atti riservati del Movimento (per esempio, la lettera SSC datata 7 febbraio 1977, inviata a un ministro di culto avente la facoltà di celebrare matrimoni), la concezione del vincolo matrimoniale proposta dal geovismo è “praticamente in contrasto con gli articoli del Codice civile italiano”.

In effetti, in contrasto con il Codice civile (articoli 143-148) e con i principi costituzionali in materia (articoli 29-30 della Costituzione), che statuiscono la parità dei coniugi all’interno del nucleo familiare, la prassi comportamentale – inculcata sistematicamente dall’ideologia geovista – prevede la supremazia del ruolo maritale fin dalla “formula per la celebrazione del matrimonio”; infatti, il periodico La Torre di Guardia del 15 settembre 1984, p. 14, riportava le seguenti dichiarazioni dei nubendi:

“Io, —— , prendo te, —— , come mia legittima sposa, per amarti e aver cura di te secondo la legge divina esposta nelle Sacre Scritture per i mariti cristiani, finché vivremo insieme sulla terra secondo la disposizione matrimoniale di Dio”.

“Io, —— , prendo te, —— , come mio legittimo sposo, per amarti, aver cura di te e rispettarti profondamente, secondo la legge divina esposta nelle Sacre Scritture per le mogli cristiane, finché vivremo insieme sulla terra secondo la disposizione matrimoniale di Dio”.

Dal confronto delle dichiarazioni si evince che la formula pronunciata dalla donna comprende l’espressione “e rispettarti profondamente”, che invece non compare nella dichiarazione dell’uomo. Il che attesta un’impostazione del rapporto di coppia, basato – secondo il geovismo – sulla supremazia dell’uomo, in contrasto con i cardini del diritto di famiglia adottato da ogni moderna società democratica. Si tratta, dunque, di disposizioni che ledono la parità di genere.

In effetti, in contrasto con il nostro Codice civile, che statuisce la parità dei genitori all’interno del nucleo familiare, la prassi comportamentale geovista prevede la supremazia del ruolo maritale confermando che «l’obbligo di provvedere fisicamente come pure spiritualmente ai figli ricade principalmente sui genitori, in particolare sul padre» (citazione dal periodico Svegliatevi! dell’8 marzo 1997, p. 27). Anche la successiva edizione di Svegliatevi! del gennaio 2008, p. 29, precisava: «è il marito ad avere la responsabilità di dirigere la propria famiglia, mentre la moglie segue la sua guida e ne rispetta l’autorità. … Naturalmente è responsabilità del marito, in qualità di capofamiglia, prendere le decisioni finali». Inoltre, le direttive dello stesso Movimento prescrivono che una moglie «dovrebbe manifestare lo spirito della sottomissione cristiana. Naturalmente, la moglie dovrebbe stare attenta a non trascurare intenzionalmente i desideri del marito per ostinazione, per dispetto o per altri motivi sbagliati» (Svegliatevi! dell’8 dicembre 1996, p. 14).

Il principio dell’autorità maritale è così radicato che la moglie di fede geovista “deve riconoscere l’autorità del marito non credente” (La Torre di Guardia del 15 maggio 2010, p. 13); nell’esplicitazione di tale supremazia maritale, il Movimento arriva al punto di prevedere anche fattispecie molto delicate, come la seguente: «Che dire se un marito incredulo (cioè non Testimone di Geova) insiste che la moglie cristiana (cioè di fede geovista) si rechi alle urne? Ebbene, lei è sottoposta al marito … Se ubbidisce al marito e si reca alle urne, è una decisione personale.» (La Torre di Guardia del 1° novembre 1999, p. 29; parentesi aggiunte).

Inoltre, La Torre di Guardia del 15 dicembre 1991, pp. 19 e segg., legiferava a proposito di una donna Testimone che si sposa: «Probabilmente da nubile era libera di prendere molte decisioni senza consultare nessuno. Ma ora che ha un marito, ha l’obbligo di consultarlo e di chiedergli il permesso per fare molte delle cose che un tempo decideva da sola. … D’altra parte, la moglie cristiana non sarà irragionevolmente esigente con il marito. Mostrerà benignità e modestia di mente seguendo la sua direttiva e sostenendo le sue decisioni, anche se a volte possono non rispecchiare le sue preferenze». Ma fino a che punto si estende la portata di questa sottomissione della donna? Un esempio ce lo chiarirà. La Torre di Guardia del 1° novembre 1974, p. 671, prescriveva: «La donna sposata che vuole farsi forare gli orecchi deve giustamente consultare prima il suo marito e capo».

Queste discutibili direttive geoviste vanno esaminate nella prospettiva dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005 n°246 – relativa al Riassetto normativo in materia di pari opportunità – che ha posto tra i principi e i criteri direttivi da rispettare l’individuazione di strumenti di prevenzione e rimozione di ogni forma di discriminazione, in particolare per cause direttamente o indirettamente fondate sulla religione. Alla luce di queste linee guida, come considerare la strabiliante affermazione contenuta in un manuale geovista di studio biblico (intitolato “Sia Dio riconosciuto verace”) di qualche decennio fa: «la donna è semplicemente una creatura inferiore che Dio creò all’uomo quale aiutante»?

Data l’attuazione sistematica e puntigliosa della direttiva congregazionale geovista sulla supremazia maritale, che pregiudica il riconoscimento dei pieni diritti civili della moglie, e considerato che tale prassi era già in vigore prima della concessione del riconoscimento di personalità giuridica, perché non è stata revocata l’autorizzazione a celebrare matrimoni, concessa a suo tempo ai ministri di culto geovista in Italia?

Achille Aveta

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