La raccolta degli “unti”: un rompicapo per i Testimoni di Geova

Gli insegnamenti diffusi dai Testimoni di Geova sono condizionati dalla suddivisione della loro “fratellanza mondiale” (o comunità dei credenti) in due classi distinte: l’una, quella degli “unti”, i cui componenti si distinguono per la professione di una prospettiva di vita celeste, ultraterrena (tale classe ha un preciso limite di appartenenti: gli “eletti” non possono superare il numero complessivo di 144.000); l’altra categoria, quella della “grande folla di altre pecore”, include i Testimoni di Geova che aspirano a una futura vita eterna sulla Terra trasformata in un paradiso; gli “unti” sono gli unici “aventi diritto” a partecipare a pieno titolo alla annuale Commemorazione della morte del Signore, assumendo gli emblemi (il pane e il vino).

Breve storia della distinzione in due classi di “credenti”

Chi ha familiarità con la ricorrente mutevolezza degli insegnamenti geovisti ha il dovere di chiedersi:
– se questa dottrina della separazione dei credenti in due classi (144.000 “unti” e un’indeterminata “grande folla di altre pecore”) sia stata sempre coerentemente insegnata fin dall’epoca dell’ideologo fondatore, Charles Taze Russell;
– se questa dottrina sia conforme agli insegnamenti dei cristiani del primo secolo, destinatari del messaggio di Gesù.
Esaminiamo prima quest’ultimo quesito: i primi cristiani credevano in questa teoria dei due distinti destini per differenti categorie di credenti? NO! E lo sanno bene anche i Testimoni di Geova; infatti nel libro Lo spirito santo: La forza del Nuovo Ordine avvenire, stampato nel 1977 dalla Società Torre di Guardia, si legge: «Quegli apostoli e altri scrittori cristiani della Bibbia ponevano forse dinanzi ai credenti battezzati una speranza terrena, la speranza di divenire figli del Padre eterno, Gesù Cristo, e di vivere per sempre su una terra paradisiaca? No! Ponevano dinanzi a coloro ai quali predicavano e scrivevano la speranza di quelli che allora erano generati come figli di Dio, figli di Geova. (Isaia 9:6, 7) Negli ispirati scritti cristiani, ai discepoli di quel tempo si assicurava che avevano la chiamata a un regno celeste e che la loro speranza era di essere lassù coeredi di Gesù Cristo. (Colossesi 1:13; 1 Corinti 1:26-31; 2 Pietro 1:10, 11) Una sola cosa era posta loro dinanzi; non erano lasciati nell’incertezza. In questo modo lo spirito santo recava testimonianza a quei discepoli del primo secolo che erano figli di Dio, eredi di Dio. Ciò significava che, allo stesso tempo, erano coeredi del glorificato Gesù Cristo» (pp. 128-129, vedi figura n° 1).

Figura n°1 – Lo spirito santo: la forza del Nuovo Ordine avvenire!, pp. 128-129

Veniamo ora ad esaminare i precedenti dell’attuale insegnamento geovista circa i due diversi destini per i credenti. Al tempo di C.T. Russell, fondatore della Watch Tower Bible and Tract Society (Società Torre di Guardia), si credeva che la “grande folla” menzionata in Rivelazione 7,9-17 fosse una classe celeste secondaria, «un gruppo di martiri cristiani generati dallo spirito che son destinati alla vita celeste pur non facendo parte dei 144.000 coeredi di Gesù Cristo il Re. Si pensava che quelli della “grande moltitudine” fossero ancora “prigionieri” di Babilonia la Grande, l’impero mondiale della falsa religione» (Il millenario regno di Dio si è avvicinato, 1975, p. 268); la stessa rivista La Torre di Guardia (organo ufficiale del geovismo) – edizione del 15 maggio 1995, p. 20 – ha ammesso che: «Si era pensato che fossero degli unti che non erano stati pienamente fedeli e che quindi stavano in piedi davanti al trono invece di essere seduti su troni per governare come re e sacerdoti con Gesù Cristo».
Allora se, fin dalla sua costituzione, la primitiva Chiesa cristiana assicurava a tutti i credenti solo “la chiamata a un regno celeste”, e se per buona parte della iniziale storia degli Studenti Biblici-Testimoni di Geova il passo di Apocalisse 7,9-17 è stato spiegato nel modo appena citato, come mai oggi il geovismo sostiene l’esistenza di una secondaria classe di credenti con prospettive di vita eterna sulla Terra? Questa novità dell’ideologia geovista si deve a una “rivelazione di verità” che Joseph Franklyn Rutherford (successore di Russell alla presidenza della Watch Tower Bible and Tract Society) ricevette il 31 maggio 1935! Infatti, è scritto nel libro Vita eterna, nella libertà dei figli di Dio (pubblicato nel 1967 dall’Organizzazione geovista), p. 149: «vi fu il 31 maggio 1935, una rivelazione di verità. Essa indicò che la “grande folla”, vista nella visione dall’apostolo Giovanni diciannove secoli fa e descritta in Rivelazione 7:9-17, doveva essere formata delle “altre pecore” la cui chiamata è alla vita eterna in un paradiso globale qui sulla nostra terra» (vedi figura n° 2).

Figura n°2 – Vita eterna, nella libertà dei figli di Dio, p. 149

Ci troviamo di fronte a un caso in cui il Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova ammette che una verità creduta dalla primitiva Chiesa cristiana è stata sostanzialmente modificata da una “rivelazione” extrabiblica, avvenuta nel ventesimo secolo!
Quali furono gli effetti di questa “rivelazione di verità” rutherfordiana sui Testimoni dell’epoca? Come illustra La Torre di Guardia del 15 febbraio 2003, «col tempo l’organizzazione di Geova cominciò a rivolgere l’attenzione ad altri oltre agli unti seguaci di Cristo. Uno sviluppo degno di nota a questo riguardo si ebbe verso la metà degli anni ’30 del secolo scorso. Prima di allora i servitori di Dio pensavano che la “grande folla” di Rivelazione 7:9 fosse una classe spirituale secondaria che sarebbe andata in cielo insieme ai 144.000 unti risuscitati, come damigelle o compagne della sposa di Cristo. … Ma il 31 maggio 1935, in un discorso pronunciato a un’assemblea di distretto tenuta dai testimoni di Geova a Washington, negli Stati Uniti, fu spiegato con le Scritture che l’espressione “grande folla” (“grande moltitudine” nella “Bibbia del re Giacomo”) si riferisce alle “altre pecore” che sono in vita nel tempo della fine. (Giovanni 10:16) Dopo quell’assemblea, alcuni che in precedenza avevano preso gli emblemi alla Commemorazione smisero di prenderli, perché capirono di avere una speranza terrena, non celeste».
Nel libro Crisi di coscienza, (Napoli 1988, p. 330) Raymond V. Franz racconta la testimonianza di un autorevole Testimone dell’epoca, Edward Dunlap, che per anni è stato il preside della scuola missionaria geovista di Galaad: «Sebbene associato all’organizzazione fin dall’inizio degli anni Trenta, durante la maggior parte di questo periodo egli [Dunlap] non si era identificato con gli “unti”. Parlai di ciò con lui un giorno, verso la fine degli anni Settanta, ed egli mi raccontò che quando si era appena associato, La Torre di Guardia insegnava che esistevano due classi che avrebbero ereditato la vita celeste: gli “eletti” (in numero di 144.000) e la “grande compagnia” (o “grande folla” di Rivelazione cap. 7). Si riteneva allora che la “grande compagnia” fosse formata da cristiani che avevano meno fede degli eletti, e che quindi, sebbene anch’essa destinata a una vita celeste, la “grande compagnia” non sarebbe stata inclusa tra quelli che avrebbero regnato con Cristo come re e sacerdoti. Siccome, tra queste due classi, una era evidentemente superiore e l’altra inferiore, Edward, in armonia col suo atteggiamento, ritenne di dover appartenere alla classe inferiore, la “grande compagnia”. Giunse il 1935 e il giudice Rutherford, in occasione dell’assemblea di Washington, D.C., annunciò la “verità rivelata” che i membri della “grande compagnia” erano destinati, secondo le Scritture, a vivere, non in cielo, ma sulla terra. In base a quanto mi disse, Edward aveva sempre conservato la speranza di una vita celeste, sentiva che non poteva esserci nulla di più meraviglioso che servire alla presenza di Dio e in compagnia di suo Figlio; tuttavia, a motivo dell’annunciato cambiamento dell’interpretazione dell’organizzazione, egli aveva represso queste speranze e aveva accettato ciò che gli era stato detto doveva essere la sua speranza come membro della “grande compagnia”».
Probabilmente questo cambiamento dell’insegnamento, fatto dipendere da una “rivelazione di verità”, fu alla base di un altro evento poco chiaro nella storia del Movimento geovista, riportato anche in La Torre di Guardia del 15 gennaio 2001, p. 28: «Nel 1940 Hayden C. Covington — che all’epoca era il legale della Società e che apparteneva alle “altre pecore”, con la speranza terrena — fu eletto fra i direttori della Società. … Prestò servizio come vicepresidente dal 1942 al 1945, quando si dimise dalla carica per ottemperare a quella che allora sembrava essere la volontà di Geova, cioè che tutti i direttori e i funzionari dell’ente di Pennsylvania fossero cristiani unti».

Il numero degli “unti” non aumenterà mai!

Fino all’anno 2000, nel geovismo sia l’autorità dottrinale che quella amministrativa erano state appannaggio indiscusso del Corpo Direttivo, composto esclusivamente da “unti”, ad eccezione del “caso Covington”. Infatti, membri di quel Corpo Direttivo ricoprivano incarichi dirigenziali nella Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania, l’ente giuridico di riferimento per tutte le filiali geoviste della Terra. L’attribuzione dell’autorità dottrinale e di quella amministrativa nelle mani delle medesime persone fisiche era considerata in armonia con la “volontà di Geova”; infatti – stando a La Torre di Guardia, del 1972 (p. 312) – non si voleva «causare una situazione in cui l’agenzia amministrativa controlli e diriga chi fa uso di tale agenzia, cioè il corpo direttivo, più di quanto non fosse appropriato che fossero gli inferiori a dirigere i superiori anziché viceversa … Chi ha creato lo strumento religioso legale dovrebbe controllarlo e dirigerlo». In base a questo criterio, fin dal 1976, il Corpo Direttivo fu organizzato in sei comitati, ognuno con una responsabilità ben precisa per quanto riguardava le attività mondiali dei Testimoni di Geova (Annuario dei testimoni di Geova del 1977, pp. 258-259).
In questa prospettiva il decennio 1990-2000 è stato caratterizzato da significativi cambiamenti ai vertici del geovismo. Infatti, a partire dal maggio 1992, si decise che diversi “assistenti”, non appartenenti alla classe degli “unti”, avrebbero partecipato alle riunioni dei comitati del Corpo Direttivo. In questo modo, anche se sotto la direzione dei membri del Corpo Direttivo, questi “assistenti” avrebbero preso parte alle discussioni occupandosi delle diverse faccende affidate loro dai comitati. Infatti, La Torre di Guardia del 1° luglio 1995 non faceva mistero che il ricorso a questi “assistenti” del Corpo Direttivo, non appartenenti alla classe “unta”, dipendeva dal fatto che si andava riducendo il numero di questi “unti” ancora viventi: «Man mano che il rimanente dei cristiani unti si assottiglia e molti di quelli ancora in vita sono limitati a causa dell’età avanzata, uomini ben addestrati delle altre pecore si rendono disponibili provvedendo l’aiuto necessario» (p. 20)
Infine, il secolo scorso si è concluso con un “aggiustamento” amministrativo; infatti, nel 2000, il Corpo Direttivo si vide “costretto” a modificare le regole ierocratiche di governo del movimento geovista in modo da permettere una maggiore partecipazione dei “laici” (le “altre pecore” con la prospettiva di vivere eternamente su una futura Terra paradisiaca). Il 7 ottobre 2000, in occasione dell’assemblea annuale della Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania, si annunciò che gli “unti” membri del Corpo Direttivo – i quali prestavano servizio come dirigenti degli enti giuridici negli Stati Uniti – si erano dimessi dai rispettivi consigli direttivi e al loro posto erano stati eletti Testimoni di Geova non appartenenti alla classe “unta”. In conseguenza di ciò Milton Henschel (all’epoca presidente della Watchtower Bible and Tract Society of Pennsylvania) si dimise dall’incarico e lo stesso fecero gli altri sei dirigenti, membri del Corpo Direttivo. Costoro rimanevano ancora membri del Corpo Direttivo, il quale ufficialmente, da allora in poi, si sarebbe dedicato “solamente agli affari religiosi della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova” (si veda La Torre di Guardia del 15 gennaio 2001, pp. 28-30); quindi il Corpo Direttivo ha, comunque, riservato per sé “la guida spirituale” del Movimento.
Come nuovo presidente della Watchtower Bible and Tract Society of Pennsylvania fu individuato Don Adams, all’epoca settantacinquenne, che non era “unto” e professava di appartenere alla “grande folla” delle “altre pecore”. Perciò, dopo sessant’anni dal “caso Covington”, si prendeva atto del fatto che “la volontà di Geova” era cambiata e che ora era permesso a componenti delle cosiddette “altre pecore”, cioè a coloro che non aspirano alla “speranza celeste”, di accedere in numero cospicuo a incarichi così importanti.
Questo è uno dei più significativi cambiamenti avvenuti ai vertici dell’Organizzazione geovista perché, per la prima volta nella storia del Movimento, tutti i dirigenti della Watchtower Bible and Tract Society of Pennsylvania non erano membri del Corpo Direttivo. Con questa modifica, dal punto di vista amministrativo, “gli inferiori” (i Testimoni appartenenti alle “altre pecore”) avrebbero diretto “i superiori” (gli “unti”), per usare le parole della Torre di Guardia del 1972.
Probabilmente, una ragione di questo cambiamento organizzativo andrebbe ricercata nell’intenzione di attivare una procedura che, nell’arco di pochi anni, avrebbe potuto trasferire i pieni poteri dal rimanente della classe “unta” – ormai troppo avanti negli anni – a un gruppo di Testimoni appartenenti alla “grande folla di altre pecore”. Questa riflessione ha senso se si considera che all’epoca, nel 2000, era ancora sostenuta la tesi – peraltro affermata nell’Annuario dei testimoni di Geova del 1939 (inglese) – secondo la quale: “Gli unti seguaci di Cristo Gesù ora sulla terra sono pochi e il loro numero non aumenterà mai” (si veda La Torre di Guardia del 1° febbraio 1999). E che dire dell’eventualità di un incremento nel numero degli “unti” registrati dall’Organizzazione geovista? “Nessun’altra aggiunta!” era la posizione ufficiale del geovismo negli anni Settanta del secolo scorso; infatti, «nel 1970, a un conferimento dei diplomi della Scuola di Galaad, Frederick Franz, l’allora vicepresidente della Watch Tower Society, … proseguì chiedendo se era ancora in corso la chiamata per radunare altri membri del rimanente. “No, nessun’altra aggiunta!” – disse – “Quella chiamata è finita nel 1931-35! Non ci sono altre aggiunte. Chi sono allora i pochi nuovi che prendono gli emblemi alla Commemorazione? Se sono del rimanente, sono sostituzioni! Non ci sono aggiunte ai ranghi del rimanente, ma sostituzioni di quelli che possono essere diventati infedeli”» (si veda La Torre di Guardia del 1° febbraio 1999, p. 19).
D’altra parte, anche La Torre di Guardia del 15 marzo 1968, p. 186, proponendo l’adempimento della parabola di Gesù in Matteo 13,47-50, aveva affermato con sicumera: «Evidentemente, negli anni 1931-1935 tutti i simbolici pesci adatti per il regno dei cieli erano stati presi per completare il preordinato numero di 144.000 coeredi di Cristo».
E, ancora, La Torre di Guardia del 15 febbraio 1982, p. 30 ai paragrafi 14-16, rivolgendosi ai neofiti affermava: «Ora che sei battezzato, c’è qualche speranza che Dio ti chiami per far parte della sposa di Cristo? … L’individuo non deve farsi guidare dai sentimenti e dalle inclinazioni che possono essergli stati inculcati mentre era in una setta della cristianità. (Rom. 8:28-30; 9:16) È importante ricordare che la ‘mietitura’ degli unti si avvicina rapidamente al termine. (Confronta Matteo 13:36-43). Per diciannove secoli c’è stata solo una chiamata, quella celeste, e Geova ha scelto con molta cura quelli che formeranno con suo Figlio il governo del Regno. … Col tempo sarebbe stato raggiunto il numero prescritto ma limitato di 144.000. Dopo di che nessun altro sarebbe stato unto dallo spirito santo come testimonianza che aveva la speranza celeste, a meno che, cosa rara, l’infedeltà di uno dei rimanenti ‘eletti’ non rendesse necessaria una sostituzione. … Quando consideriamo come Geova ha trattato il suo popolo durante il ‘periodo della mietitura’, risulta evidente che la chiamata celeste in generale fu completata nel 1935, quando si comprese correttamente che la speranza della “grande folla” di Rivelazione 7:9-17 era terrena. Le cose sono andate proprio come Geova aveva preconosciuto. … Per quanto riguarda la possibilità di “nascere di nuovo” per sostituire qualcuno in questa tarda data, è comprensibile che solo pochissimi del rimanente degli unti sono soggetti a perdere la chiamata celeste divenendo infedeli. Molti sono morti e le loro file si sono assottigliate per cui ne restano solo alcune migliaia. Se fosse necessario sostituirne uno, chi chiamerebbe Geova? … Logicamente, Geova sceglierebbe qualcuno che è nella congregazione da molti anni e che ha perseverato e si è mostrato leale nelle prove, anziché qualcuno che è divenuto un discepolo battezzato di Gesù solo di recente e forse sotto molti aspetti non è stato ancora provato. Non diciamo questo dogmaticamente o per provvedere una base su cui giudicare le personali asserzioni di qualcuno, ma per aiutare i nuovi a non essere presuntuosi e ad esser sicuri di come Geova tratta con loro».
Col tempo questa tesi si consolidò; infatti La Torre di Guardia del 1° gennaio 1988 precisava che «Giovanni vede suggellare gli ultimi componenti dei 144.000. (Rivelazione 7:1-8) La loro raccolta fu praticamente completata entro il 1935». Al riguardo, particolarmente interessanti sono le parole che si leggono in La Torre di Guardia del 15 febbraio 1995 al sottotitolo “Il numero diminuisce”: «Negli ultimi anni il numero dei membri del piccolo gregge ancora sulla terra si è fatto piuttosto esiguo. … I cristiani unti sanno che così dev’essere. Geova ha stabilito che il piccolo gregge sia formato da un numero limitato, 144.000, e lo è andato raccogliendo dalla Pentecoste del 33 E.V. Logicamente la chiamata del piccolo gregge sarebbe cessata quando il numero sarebbe stato pressoché completo, e tutto indica che il radunamento generale di coloro che ricevono questa speciale benedizione terminò nel 1935».

Ma cosa è avvenuto in realtà?

Tuttavia queste categoriche affermazioni descrivevano una situazione molto lontana dalla realtà! Infatti dai rapporti annuali pubblicati dai Testimoni di Geova non emerge alcun riscontro alla pretesa, concreta diminuzione nel numero degli “unti” ancora in vita; invece dal 1970 al 2004 ci furono ben 12 anni (1970, 1973, 1974, 1981, 1990, 1993, 1995, 1996, 1997, 2001, 2002, 2004) nei quali il numero degli “unti”, partecipanti a pieno titolo alla Commemorazione, aumentò in valore assoluto per un ammontare complessivo di 995 unità. Il che non è poco, se si considera che il totale generale degli “unti” (prescelti da Geova nel corso di venti secoli) è di 144.000, secondo i Testimoni di Geova. Cosa stava accadendo in realtà?
I vertici mondiali geovisti sono stati costretti ad ammettere che qualcosa non andava; infatti, da una parte, La Torre di Guardia del 1° aprile 1996 conteneva un ennesimo deciso monito ai singoli Testimoni di non farsi tentare dal desiderio di dichiararsi “unti” [ecco il testo dell’avvertimento: «Alcuni hanno preso gli emblemi della Commemorazione e in un secondo tempo si sono resi conto che non avrebbero dovuto farlo. … oggi i partecipanti sono pochi. E, man mano che muoiono, il numero dovrebbe diminuire» (ivi, p. 7)], dall’altra, il numero degli “unti” è passato da 8.570 nel 2004 a 20.746 nel 2021. Quindi il revival di “aspirazione alla vita celeste” indusse il Corpo Direttivo geovista a correre ai ripari, perciò già nella citata edizione di La Torre di Guardia si attuò un’esplicita colpevolizzazione di questi “recenti unti”. Si fece notare che qualcuno poteva prendere erroneamente gli emblemi “per ambizione o egoismo, perché ci si crede più meritevoli di altri e per il desiderio di preminenza” (ivi, pp. 7-8). Il processo di intimidazione nei riguardi di questi nuovi “unti” era già stato attivato qualche anno prima, sulle pagine di La Torre di Guardia dell’edizione del 15 marzo 1991 (p. 19 segg.) ed è proseguita anche in quella del 15 febbraio 2003, dove si diceva: «Dio non guarderebbe con favore una persona che dà a intendere di essere stata chiamata all’incarico di re e sacerdote celeste pur sapendo di non aver ricevuto tale chiamata» (p. 20). Perché diversi Testimoni di Geova potrebbero erroneamente credere di avere “la chiamata celeste”? Le riviste citate menzionano alcune ragioni che portano a questa “aspettativa errata”:
• la morte del coniuge o qualche altra tragedia potrebbe far perdere l’interesse per la vita terrena;
• lo spirito di emulazione nei riguardi di qualche intimo amico che professa di essere “unto”;
• l’influenza di precedenti convinzioni religiose, che contemplavano la prospettiva di una vita celeste per i “buoni cristiani”;
• l’uso di farmaci che influiscono sullo stato emotivo;
• il desiderio di mettersi in mostra;
• l’ambizione di potere;
• la presunzione di possedere una notevole conoscenza della Bibbia.
Il messaggio ripetutamente trasmesso ai Testimoni di Geova era forte e chiaro: Ora basta! Il Corpo Direttivo aveva deciso che il numero degli eletti alla ricompensa celeste era veramente completo! Eppure, nonostante questi reiterati moniti, il Corpo Direttivo fu costretto a capitolare e, in La Torre di Guardia del 1° maggio 2007, p. 31, dovette ammettere che “nel corso degli anni, alcuni cristiani battezzatisi dopo il 1935 hanno ricevuto la testimonianza di avere la speranza celeste. … Pare quindi che non si possa determinare con precisione la data in cui termina la chiamata dei cristiani alla speranza celeste”.
Non si può escludere che il nuovo fervore vocazionale espresso da non pochi Testimoni – che in un primo momento ritenevano di appartenere alla classe delle “altre pecore”, con speranza di vita eterna sulla Terra, e successivamente hanno sentito la chiamata a dichiararsi “unti”, destinati alla visione di Dio – abbia contribuito all’“aggiustamento di tiro” espresso in La Torre di Guardia del 1° maggio 2007.
Inevitabile, quindi, è stata la capitolazione, se solo si osserva la composizione dell’attuale Corpo Direttivo (situazione al settembre 2022): Kenneth Cook (battezzato il 7 giugno 1980); Samuel Herd (nato nel 1935); Geoffrey Jackson (nato nel 1955); Steve Lett (nato nel 1949); Gerrit Lösch (nato nel 1941); Anthony Morris (nato nel 1950); D. Mark Sanderson (battezzato il 9 febbraio 1975); David Splane (nato nel 1944).
L’odierno Corpo Direttivo è composto di otto membri: Herd, Lett e Splane sono stati cooptati nel Corpo Direttivo nel 1999; Jackson e Morris sono stati cooptati nel 2005. Il più vecchio è Herd (primo afro-americano a ricoprire quest’incarico); tutti i membri erano troppo giovani (o non erano nemmeno nati) per essere “scelti” come “unti” nel 1935 (Herd è nato nel 1935; Lett, Lösch, Splane, Jackson e Morris sono nati dopo il 1935; Cook e Sanderson si battezzarono nella seconda metà degli anni Ottanta). Quindi, di fronte a questa realtà, continuare a sostenere che la «‘chiamata celeste’ …, in linea di massima, è terminata a quanto pare a metà degli anni ’30 del ventesimo secolo» (La Torre di Guardia del 1° febbraio 2002, p. 20) avrebbe potuto comportare il rischio di incrinare la credibilità dell’”unzione” della totalità degli attuali membri del Corpo Direttivo. Di qui, probabilmente, l’inversione di rotta espressa in La Torre di Guardia del 1° maggio 2007, in cui alla domanda “Quando termina la chiamata dei cristiani alla speranza celeste?”, si risponde lapidariamente: “La Bibbia non fornisce una risposta precisa a questa domanda”. In questo modo si liquidano come ennesime congetture tutte le affermazioni riportate in tante pubblicazioni stampate negli scorsi decenni con l’imprimatur del Corpo Direttivo.
Si può immaginare che l’adeguamento amministrativo realizzato nel 2000 sia stato il naturale precursore di questo differimento sine die del termine del radunamento degli “unti” nel senso che l’avvicendamento avvenuto nel 2000, con il passaggio dell’autorità amministrativa dal Corpo Direttivo a dirigenti non appartenenti alla classe degli “unti”, potrà consentire a questi nuovi manager di “scoprire” una recente “chiamata celeste” e legittimare ideologicamente la loro posizione nel gotha geovista: il confronto tra un nuovo gruppo di amministratori più giovani e meno conservatori e la gerontocrazia impersonata dai vecchi membri del Corpo Direttivo con i loro staff sembra aver segnato un altro punto a favore degli yuppies teocratici. Significa questo che dirigenti “più liberali” e “meno dogmatici” abbiano messo da parte i “conservatori” del Corpo Direttivo, con lo scopo di riformare profondamente le strutture dell’Organizzazione e magari ammorbidirne alcune dottrine e pratiche? Aspettiamo per valutare.
La sommaria liquidazione della questione del limite temporale imposto al radunamento degli “unti” ci induce a ridiscutere l’affidabilità della teoria geovista delle due distinte speranze per i Testimoni; al riguardo scrive Raymond V. Franz in Crisi di coscienza, (Napoli 1988): «egli [Dunlap] giunse alla chiara convinzione che nessuna organizzazione umana poteva modificare l’invito contenuto nella Bibbia, stabilendo una data in cui modificare la speranza che la Scrittura presenta come disponibile per chiunque abbracci tale speranza, sia che si chiami Tizio, Caio, Sempronio o Edward. Così, quarantaquattro anni dopo il 1935 egli cominciò a partecipare agli emblemi, il pane e il vino, durante il Pasto Serale del Signore, cosa che fanno solo gli “unti” fra i Testimoni di Geova. Quando un Testimone o qualcun altro chiede: “Come fa uno a sapere se egli o ella appartiene alla classe “unta” con speranza celeste?”, l’abituale risposta è il riferimento all’affermazione di Paolo in Romani 8:16-17: “Lo spirito stesso rende testimonianza col nostro spirito che noi siamo figli di Dio. Se, dunque, siamo figli, siamo anche eredi: eredi in realtà di Dio, ma coeredi di Cristo, purché soffriamo insieme per essere insieme anche glorificati”. La dottrina ufficiale è stata, ed è, che solo gli appartenenti ai 144.000 “unti” possono ricevere questa “testimonianza dello spirito”, e che quest’ultima additerebbe loro la personale appartenenza al gruppo dei 144.000 i quali sono gli unici che possono nutrire una speranza celeste; tutti gli altri possono soltanto essere classificati come “futuri” figli di Dio e le loro speranze devono essere terrene.
Dalla lettura del contesto, a partire dall’inizio del capitolo, era evidente per Edward che l’apostolo Paolo stava certamente scrivendo a proposito di due classi; comunque, non si trattava di due classi divise dalla loro speranza di una vita futura o in cielo o sulla terra. Invece, le due classi erano evidentemente: da una parte, quelli guidati dallo spirito di Dio, dall’altra, quelli sottoposti alla carne peccaminosa. Il contrasto di cui parlava l’apostolo era, non tra la speranza di una vita celeste e quella di una vita terrena, ma tra la vita e la morte, tra l’amicizia con Dio e l’inimicizia con lui, come dichiarano i vv. 6-9: “Poiché rivolgere la mente alla carne significa morte, ma rivolgere la mente allo spirito significa vita e pace; perché rivolgere la mente alla carne significa inimicizia con Dio, perché essa non è sottoposta alla legge di Dio, né, infatti, può esserlo. Quindi quelli che sono in armonia con la carne non possono piacere a Dio. Comunque, voi non siete in armonia con la carne, ma con lo spirito, se lo spirito di Dio dimora veramente in voi. Ma se uno non ha lo spirito di Cristo, questi non appartiene a lui”. Nel ragionamento di Paolo non era in discussione la vita celeste o quella terrena, ma semplicemente se uno viveva in armonia con lo spirito di Dio o se, invece, viveva in armonia con la carne peccaminosa. Paolo chiariva che bisognava scegliere tra le due cose: o uno ha lo spirito di Dio e ne produce i frutti, oppure è in inimicizia con Dio e non appartiene a Cristo. Senza quello spirito non ci sarebbero state “vita e pace”, ma solo morte; se la persona aveva lo spirito di Dio, allora era un figlio di Dio. Perciò Paolo dichiara al v. 14: “Poiché tutti quelli che sono condotti dallo spirito di Dio, questi son figli di Dio”.
Come notò Edward, Paolo dice che non alcuni, ma “tutti quelli che sono condotti dallo spirito di Dio” sono suoi figli, i suoi ragazzi. Quelli guidati da questo spirito avrebbero ricevuto la “testimonianza” dello spirito in questo senso, inclusa l’evidenza dei suoi frutti nelle loro esistenze, qualcosa di simile a ciò di cui parla la Bibbia quando dice che Abele, Enoc, Noè ed altri ebbero la testimonianza d’essere stati accetti a Dio (Ebrei 11:1-7). È sufficiente a questo punto dire che Edward Dunlap condivideva con me le stesse basilari perplessità e, in particolare, il disagio per il dogmatismo e lo spirito autoritario che si stava manifestando. La sua opinione, come la mia, era che un’autorità umana, quando si spinge oltre i limiti consentiti, sminuisce inevitabilmente il ruolo di Cristo Gesù come Capo della congregazione». (pp. 331-333).

Achille Aveta – Testo aggiornato nel settembre 2022

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